L'ictus potrebbe non essere più una condanna irreversibile: le nuove terapie, frutto di studi e ricerche degli ultimi anni, aprono prospettive di cura efficaci e percorsi di riabilitazione adeguati.

Ne sono convinti gli specialisti del settore neurologico, cardiologico, riabilitativo, infermieristico e della medicina d'urgenza riuniti nella sala conferenza dell'ospedale Santissima Annunziata per il convegno promosso dall'Aou di Sassari dal titolo: "Nuove frontiere nel trattamento dell'ictus. Dalla fase iperacuta alla riabilitazione".

«Si sta per avere un cambio epocale perché da poco è stato autorizzato un nuovo farmaco salvavita che invece di essere somministrato in un'ora, agisce in pochi secondi»,  ha sottolineato Alessandra Sanna, responsabile scientifica del convegno e direttrice della Stroke Unit dell'Aou, «Il tempo è fondamentale perché per salvare il cervello bisogna agire tempestivamente. In pochi minuti, in seguito a un ictus, possono essere persi milioni di neuroni, ma se si interviene in fretta si hanno maggiori possibilità che il paziente abbia salva la vita o che abbia una disabilità ridotta».

Dal confronto è emerso quanto sia cruciale un approccio multidisciplinare e integrato nella gestione dell'ictus cerebrale, patologia che rappresenta ancora oggi una delle principali cause di morte e disabilità in Italia. Sul fronte sardo, la dottoressa Sanna ha spiegato: «Lavoriamo tutti i giorni per migliorare la gestione dell'ictus nell'Isola. L'ictus è tempo dipendente ed è un'emergenza medica che richiede un immediato ricovero in ospedale perché è una delle principali cause di disabilità, demenza e mortalità. Questo incontro ha avuto come finalità principale quella di mettere in rete le varie figure che si occupano dell'ictus e, in particolare, di sottolineare una connessione tra ospedale e territorio. Per l'ictus è importante che ci sia una forte collaborazione, appena il paziente arriva in ospedale, fra i vari operatori che si occupano di emergenza- urgenza, il medico del Pronto soccorso, il medico della Stroke Unit, il radiologo, il radiologo interventista, l'anestesista e poi, durante la degenza, il fisiatra, il fisioterapista e una volta che il paziente viene dimesso, è necessaria una presa in carico territoriale».

Nella prima sessione del convegno, spazio alle nuove terapie farmacologiche e interventistiche disponibili nella fase iperacuta, ai percorsi di accesso rapido ai centri specializzati, nonché ai modelli di riabilitazione precoce e personalizzata in grado di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti. Nella seconda gli esperti sino focalizzati sul tema della gestione della fase acuta e post acuta dello stroke ischemico e del percorso del paziente dall'ospedale al territorio.

(Unioneonline)

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