«Il fatto che il carbone sia una sostanza capace di assorbire particolarmente le sostanze chimiche, la sua presenza in mare a lungo termine, in un’area di un sito di interesse nazionale e sotto osservazione dal punto di vista ambientale per le attività legate all’industria, potrebbe produrre inevitabilmente effetti negativi per la fauna ittica con possibii alterazioni del profilo naturale del fondale marino».

Antonio Furesi, l’ex direttore di Arpas, è comparso questa mattina nell’aula del Tribunale di Sassari, in qualità di testimone della Procura per il processo che vede imputati sei dipendenti della centrale elettrica Ep di Fiumesanto - Daniele Derosas, Salvatore Fois, Franco Angioni, Ruggero Lai, Antonio Sanna e Piero Gianfranco Soggia - accusati dello sversamento in mare di circa 1.350 metri cubi di carbone, nei fondali del porto industriale di Porto Torres. Nel capo di imputazione si legge che sono accusati di irregolarità nello scarico del materiale fossile dalle stive delle navi alla banchina, “abusivamente cagionato, a seguito della caduta in mare del carbone, un deterioramento significativo e misurabile del fondale marino per una superficie di circa 2.700 metri quadri”. 

Davanti al giudice, Monia Adami e al pm, Antonio Piras, ha spiegato le possibili conseguenze e la contaminazione che una quantità così rilevante di combustibile fossile potrebbe determinare per le specie marine. «Le polveri di carbone se dovessero dffondersi all’interno del fondale marino potrebbero interessare il ciclo alimentare della fauna ittica, - aggiunge Furesi– e la parte respiratoria dei pesci, con occlusione delle branchie. Inoltre il polverino che genera può comportare aumento della torbidità dell’acqua e se diffuso può contaminare il fondale». Il secondo testimone chiamato dalla Procura, Federico Pucci, ex capo servizio informazioni della Capitaneria turritana e attuale comandante della sede di Oristano, ha riferito in aula davanti agli avvocati della difesa, Giuseppe e Luigi Conti, che lo sversamento è avvenuto dal 2003 al 27 gennaio 2018, davanti alla banchina della diga foranea del bacino industriale di Porto Torres, durante le operazioni di carico e scarico del carbone dalla stiva delle navi carboniere alla tramoggia, un contenitore posizionato in banchina, e nel passaggio al nastro autotrasportatore che si collega al terminal della centrale di Fiume Santo. «Probabilmente - aggiunge – erano necessari altri accorgimenti oltre alle panne assorbenti utilizzate più che altro ad assorbire l’olio combustibile». In aula anche l’avvocato di parte civile del Comune di Porto Torres, Fabrizio Bionda. Prossima udienza il 22 ottobre: in aula verranno sentiti gli imputati. 

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