L’instabilità emodinamica come possibile fattore di morte. Oggi in tribunale a Sassari i periti Ernesto D’Aloja e Fabio Verzini, nominati dalla giudice Claudia Sechi, hanno interloquito con le parti nel processo che vede nove medici accusati di omicidio colposo per il decesso nel 2018 del settantatreenne sassarese Carlo Dessole. Il pensionato, ricoverato a causa del disancoraggio di uno stent, aveva perso la vita l’11 marzo di 7 anni fa per le conseguenze della rottura di un aneurisma e dopo aver subito un intervento chirurgico.

I due professionisti, D’Aloja in presenza, Verzini da remoto, hanno spiegato le conclusioni della propria perizia dove emerge un dato, illustrato da D’Aloja secondo le statistiche mediche. Questo rimarca come un paziente, ed è questo il caso, affetto da instabilità emodinamica, e che ha subito un endoleak 1 tipo B, abbia il 78% delle possibilità di non sopravvivere. Un evento dove, per esempio, la pressione sia scesa sotto gli 80 millimetri, come è successo al signor Dessole. Per endoleak si intende la persistenza di flusso all’interno dell’aneurisma (sacca aneurismatica) escluso dall’endoprotesi, e b perché avviene in una posizione precisa del corpo.

Per i due medici queste sono evidenze scientifiche che prescindono dall’eventuale intervento sul tavolo operatorio fatto prima o dopo. E tra le accuse della procura vi è proprio quella che l’operazione sia avvenuta troppo tardi perché si era deciso di fare alcuni esami, come la tac, che, vista la situazione, secondo il pm, potevano essere evitati. Il pubblico ministero aveva già discusso, prima della richiesta peritale della giudice, chiedendo 6 condanne al minimo della pena e tre assoluzioni. La magistrata ha rinviato a giugno per l’ulteriore, conclusiva discussione in modo da pronunciare sentenza prima che il reato si prescriva.

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