Porto Torres, fermo pesca a strascico. Armatori e pescatori: «Non siamo nemici del mare»
Niente indennizzi per gli operatori del settore, costretti allo stop fino al 30 novembrePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Così ci costringono a mollare, ad abbandonare questo mestiere che rappresenta il nostro unico sostegno». La protesta di armatori e pescatori dello strascico esplode anche a Porto Torres, un settore in difficoltà a causa della proroga del fermo biologico fino al 30 novembre, un ulteriore prolungamento di un mese disposto dal Ministero dell’Agricoltura.
La misura contenuta nel recente decreto ministeriale segna uno dei settori portanti della economia locale.
A Porto Torres gli operatori del settore sono alle prese con difficoltà economiche crescenti per i mancati indennizzi, ed ogni giorno trascorso la salita si fa sempre più ripida.
«Vivo il mare da quando sono nato, e le restrizioni imposte sono state sempre una sorpresa, leggi cadute dal cielo senza alcun coinvolgimento della categoria», spiega Giovanni Chessa, 52 anni, armatore del peschereccio “Giuseppina”. E' fermo in banchina dal primo ottobre, da quando è cominciato il fermo biologico. «Da gennaio ci chiedono di predisporre anche il blue box, - prosegue - un sistema Vsm di localizzazione e controllo delle unità di pesca voluto dalla Comunità europea basato su tecnologie satellitari, che ogni anno costa all’armatore mille euro di traffico, una sorta di braccialetto come un carcerato per monitorare la nostra posizione in mare».
Per le barche di lunghezza pari a 19 metri e oltre anche la proposta di predisporre le telecamere a bordo. «Noi dello strascico siamo trattati come dei delinquenti, come nemici del mare, - aggiunge il pescatore, ex armatore Lorenzo Nieddu,– categoria cui viene attribuita la colpa di essere i principali responsabili dei problemi ambientali del mare e del suo fragile equilibrio ecologico, trascurando altri fattori, come l’inquinamento per scarichi nocivi e gli effetti del cambiamento climatico».
Un quadro critico che condiziona tutto l’equipaggio del peschereccio Giuseppina, con due unità lavorative che chiedono garanzie.
«Come armatore non percepisco indennità, corrisposta solo alla barca, i miei marinai vogliono sbarcare perchè stanchi di subire: così ci danno il colpo mortale», sottolinea Giovanni Chessa. Attende gli arretrati degli indennizzi dovuti dal 2022, quattro anni senza entrate, con l’incognita di 120 giorni di pesca su 365 all’anno, difficile da realizzare perché a mettersi di traverso ci pensa il meteo, fattore rischio che incide in modo negativo sulle uscite in mare.
«La Regione potrebbe intervenire con i fondi disponibili per il settore pesca, - conclude Lorenzo Nieddu- le istituzioni possono chiedere una inversione di rotta all’Unione Europea e al governo nazionale».
