Porto Torres: campioni di sport in campo contro il bullismo
Fra i partecipanti anche Gianfranco Zola, Gianfranco Matteoli, Gianluca Festa e Vittorio PuscedduQuando i calci non si danno solo al pallone ma vengono indirizzati contro la violenza e le prevaricazioni e lo sport diventa un’arma per prevenire il fenomeno del bullismo.
È il mondo sportivo, in particolare del calcio ma anche quello della boxe, che nella giornata di ieri, sabato 29 giugno, si è riunito a Porto Torres per lanciare un messaggio forte e chiaro e condividere i valori del bel gioco.
C’era il campione Gianfranco Zola, ex giocatori professionisti come Gianfranco Matteoli, Gianluca Festa, Vittorio Pusceddu, Michele Fini, Antonio Langella, Gianluca Hervatin, Marco Sanna e Andrea Bagnoli.
L’evento sportivo-benefico “Un calcio al bullismo”, promosso dall’associazione sportiva culturale “Gianni Fresu” , ha parlato ai giovani e agli adulti, ma soprattutto ad operatori sportivi e famiglie, perché sappiano cogliere i segnali di disagio che si palesano in chi è vittima di bullismo.
Una iniziativa nata da un’idea di Andrea Marongiu, Davide Curreli e Vivaldo Romeo Rais, e supportata nella direzione tecnico-logistico-organizzativa da Marco Pireddu, Salvatore Fresu e Gennaro Longobardi ideatore di Miracolo di Natale.
Con una conferenza di presentazione del tema presso la sala Filippo Canu, il giornalista sportivo Vittorio Sanna ha dialogato con gli ospiti ed esperti, quali Riccardo Pazzona (psicologo dello sport), Mario Pireddu (docente presso l’Università della Tuscia) che ha affrontato il tema del Cyberbullismo, Salvatore Erittu (campione italiano di boxe) e il sindaco Massimo Mulas, che si sono confrontati con i ragazzi presenti raccogliendo le testimonianze anche di numerosi ex calciatori professionisti, esperti dirigenti sportivi sulla funzione dello sport nel contrasto al bullismo.
«Questi momenti come quelli di oggi – ha detto il sindaco - servono per indirizzare i giovani e meno giovani a saper gestire i propri errori e a superare le difficoltà».
Per lo psicologo Riccardo Pazzona, «si parla di bullismo quando ci sono dei comportamenti prevaricatori, che sfociano nella violenza psicologica o fisica, azioni da condannare e denunciare. Bulli si diventa e siamo spesso noi ad incoraggiare comportamenti sbagliati e censurabili. Lo sport è un mezzo potentissimo, sotto ogni punto di vosta e sta a noi sfruttarlo nella maniera più consona e funzionale, per questo credo sia necessaria una riforma culturale che parta da noi adulti».
Una sana attività sportiva favorisce anche la capacità del bambino e dell’adolescente di gestire se stesso in autonomia rispetto ai genitori, di comunicare con gli adulti e con i pari, di accettare gli altri diversi da se stessi, di sperimentare un senso di riuscita e di apprendere il concetto di vittoria e di sconfitta. Quest’ultima non è un fallimento ma è uno stimolo per capire dove si sbaglia e quindi fare meglio nelle prestazioni successive. Questo il messaggio lanciato dal campione di boxe Erittu, da bullo e da bullizzato. «Penso che anche il bullo abbia bisogno di essere ascoltato per capire la natura del suo comportamento», ha sottolineato Erittu «questo è capitato anche a me che ho ricevuto una educazione rigida, dove la violenza fisica prevaleva sulla comunicazione verbale, e questo ha comportato uno sfogo in altrettanta violenza. A salvarmi è stato Alberto Mura, maestro di sport e di vita, che mi ha dato una occasione di svolta nella mia vita, tale da permettermi di raccogliere tanti ottimi risultati nel corso della mia carriera».
E se il bullismo è una piaga da combattere nelle aule di scuola, succede che possa spostarsi nel campo digitale. Così molti giovani diventano scherno di derisioni e insulti visibili ai membri di tutto il gruppo, fotografati in momenti imbarazzanti o performance scarse e presi in giro. «Di solito si fanno discorsi sui giovani viziati dal pregiudizio degli adulti», spiega Mario Pireddu «i quali spesso dirottano le responsabilità sulla piattaforma attribuendola alla tecnologia, mentre c’è prima di tutto una responsabilità umana, e di ordine culturale e socio-economico ben più vasta che influisce sulla mentalità delle persone. I dati sulle competenze di base, ci mostrano che ad avere problemi sono i 40enni, 50ennei e 60enni più dei ragazzi che hanno problemi in misura minore. Dai giovani vengono delle istanze che gli adulti fanno fatica a riconoscere».
Davanti ad una platea composta da ex calciatori professionisti anche le forze dell’ordine che nella lotta a questo fenomeno assumono un ruolo fondamentale. Per l’ex centrocampista del Porto Torres, Andrea Bagnoli, classe 1967, che ha militato in diverse squadre della serie B e C. «Quando si riceve un invito per queste iniziative bisogna sempre partecipare, soprattutto quando si ha un attaccamento alla città, come me che sono legato a Porto Torres da 40anni, - ha dichiarato -e questo tema che negli anni si è evoluto in senso negativo, ci aiuta a riflettere come il contributo di ciascuno di noi sia fondamentale. Tutti siamo dipendenti da alcuni oggetti come i cellulari che ci rubano dei valori e delle ore di vita importanti». La giornata di sport e di lezione si è conclusa presso il campo comunale di Campanedda per un quadrangolare di calcio che ha visto sfidarsi goliardicamente le categorie Giovanissimi e Allievi del Porto Torres Calcio, gli amatori della Seleçao, una rappresentativa di genitori insieme a ex calciatori professionisti, tra cui anche Gianfranco Zola.
In serata anche la cena di gala presso il ristorante Villa Noce, momento di forte carattere sociale per una raccolta di beneficenza il cui ricavato andrà all'Associazione Gianni Fresu e verrà utilizzato per fini benefici e per risolvere le pieghe sociali presenti della città di Porto Torres.
Tra i tanti premi offerti dall’organizzazione diverse maglie autografate del Cagliari Calcio, la maglia storica del Cagliari Calcio e un pallone con la firma originale del mito Gigi Riva.