«Il prete non esiste solo sull’altare».

Don Eugenio Cavallo, amministratore parrocchiale della Cattedrale di San Nicola a Sassari, è un sacerdote che tenta di ricucire il tessuto umano, sdrucito, del centro storico cittadino. Un uomo di chiesa appartenente all’Ordine di Cottolengo, originario di Cuneo, e trapiantato a Sassari Vecchia dal 16 settembre 2024 dopo anni di servizio tra Francia, Svizzera ed Ecuador.

«Mi ha chiamato l’arcivescovo Gian Franco Saba - racconta lui, di professione ingegnere clinico prima di essere ordinato sacerdote a 37 anni – che in città ha cercato di divulgare un nuovo umanesimo».

Missione complessa «perché - continua - queste viuzze strette che un tempo favorivano il mutuo aiuto, ora sono diventate una prigione per gruppi etnici, e dove le vite si svolgono parallele senza incontrarsi mai».

La ricetta di salvezza è quella intergenerazionale, voluta da monsignor Saba, con cui si cerca di avvicinare i giovani agli anziani. «Vedo tanta solitudine, soprattutto dei vecchi, che non approfittano dei servizi a disposizione. Ad esempio vengono in chiesa ma non all’Auser a incontrare altre persone come loro».

Lo scenario si rivela spesso conflittuale, con genitori che si tengono lontani dai figli e viceversa, dove l’alcolismo e la tossicodipendenza imperversano. «Siamo riusciti a ripopolare la chiesa di Sant’Apollinare, che veniva sempre aperta all’ultimo momento per paura che arrivassero i ladri. Ho mandato via decine di tossicodipendenti che continuavano a chiedere soldi».

Don Cavallo si cura di loro parlandoci e assistendoli. «A qualcuno non farà piacere che ci si occupi di chi si buca. Siamo soli in questa missione e magari uno di questi giorni ci prenderemo una coltellata».

Proprio le sostanze stupefacenti, insieme al ricavato delle varie refurtive, fanno girare molti soldi nella parte più antica della città, in teoria colpita da diverse situazioni di indigenza. «La povertà qui è più della speranza che materiale. Ci si accontenta di quello che si ha e se si hanno 10 euro in tasca li si spende subito. Vedo persone con 300 euro di reddito e il cellulare da 700. Com’è possibile?».

E molti degli uomini e delle donne assistiti li ritrova in carcere: «Alcuni preferiscono stare lì che fuori anche perché hanno la possibilità di curarsi. Bancali rappresenta per loro una sorta di check-in sanitario».

Il sacerdote, insieme al confratello Nicolas, è impegnato anche nel fare il doposcuola e cercare i bambini che non vanno in classe. «Quest’estate faremo un’iniziativa che si chiama Jubilant e in cui porteremo i giovanissimi tre settimane a San Giorgio dove potranno fare tante attività con educatori ed animatori. Di questi ultimi ce ne serve qualcuno e se si fanno avanti ci aiuteranno». Si tratta solo di una tra le tante azioni portate avanti dal prete che vive tra la chiesa e le strade, e non solo legato all’irraggiungibile altare. «Ho la possibilità di rischiare più degli altri. Mi chiedo però perché non sia stato fatto anche prima. Come vede, non ho paura di parlare. Ho un solo padrone, ed è buono».

© Riproduzione riservata