Crescono gli studenti sardi impegnati a studiare negli atenei italiani fuori dall’Isola: se dieci anni fa erano l’11,2%, nell’anno accademico 2023/2024 sono passati al 16,2%. Non solo: il 20% dei giovani laureati in Sardegna, dopo 5 anni dal conseguimento del titolo, lavora in altre regioni o Paesi.

È quanto emerge dal report del Centro Studi di CNA Sardegna, che rielaborando dati Istat e Almalaurea evidenzia come, tra il 2019 e il 2022, il saldo migratorio negativo dei giovani laureati sardi tra i 25 e 39 anni si è attestato appena al di sotto di 16 residenti per mille abitanti. Un dato che colloca l’Isola all’ottavo posto tra le regioni italiane per saldo negativo, in una classifica dove a dominare per valori positivi sono invece Trentino Alto Adige, Piemonte, Toscana, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna.

Secondo i dati del MIUR, per l’anno accademico 2023/2024 gli studenti iscritti negli atenei sardi sono passati da 47.572 nel 2011/2012 a 35.539 nel 2023/2024, con una diminuzione di oltre 12mila unità. Nel medesimo periodo, gli studenti residenti iscritti in altre regioni sono aumentati da circa 6.000 a 7.000.

Questo fenomeno si inserisce in un contesto di invecchiamento demografico e di riduzione della popolazione giovanile, diminuita da 102.158 (2011) a 83.518 (2024), con una contrazione del 18,2%.

Le difficoltà di inserimento lavorativo dei neo-laureati degli atenei di Cagliari e Sassari emergono anche dai tassi di occupazione significativamente inferiori alla media nazionale e livelli di disoccupazione superiori di circa 3 punti percentuali nei primi cinque anni post-laurea: la percentuale di NEET (chi non studia, non lavora e non segue percorsi formativi) tra i laureati sardi resta elevata, al 14% dopo cinque anni contro la media nazionale del 9,6%.

Secondo Luigi Tomasi e Francesco Porcu di CNA Sardegna, la «situazione occupazionale conferma le forti difficoltà del mercato del lavoro regionale nel garantire opportunità adeguate ai giovani qualificati. Il rischio è quello di un circolo vizioso che priva la Sardegna di competenze fondamentali per lo sviluppo socio-economico, la transizione digitale e la green economy». Fra le soluzioni proposte «rafforzare i canali di trasferimento tecnologico tra università e imprese, sfruttando anche i poli d’innovazione finanziati dal PNRR e dai fondi europei; incentivare l’attrazione di imprese innovative con defiscalizzazioni mirate e infrastrutture digitali avanzate; potenziare i programmi regionali di rientro dei talenti, legandoli a progetti lavorativi concreti e percorsi di carriera progressivi.
 

(Unioneonline/v.l.)

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