Punta Molentis, lettera dall’inferno: «Salvi grazie all’aiuto tra bagnanti, nessun piano d’emergenza: inaccettabile»
Claudio Peru, dentista, ringrazia tutti gli operatori intervenuti per domare le fiamme. Ma fa un lungo elenco di inefficienze del sistema: «Incendi endemici, non si possono più trattare come eventi estemporanei»Si presenta, ringrazia «tutti coloro che si sono adoperati per aiutare, su tutti i vigili del fuoco». Ma Claudio Peru, dentista sardo che lavora a Londra, ha scritto alla redazione de L’Unione Sarda (per chi è interessato: redazioneweb@unionesarda.it e via whatsapp al numero 335 154 6482) soprattutto per raccontare come sono andate le cose a Punta Molentis. Era lì con la sua famiglia, mentre si scatenava l’inferno. Una testimonianza importante, «senza intento polemico», di chi ha visto come si sono salvate centinaia di persone. E che ha vissuto sulla propria pelle cosa è mancato. Lo spiega perché «gli incendi in Sardegna non sono più eventi eccezionali, ma purtroppo endemici. Trattarli come imprevisti estemporanei non è più accettabile».
Ecco la sua riflessione
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Mi chiamo Claudio Peru e scrivo come uno dei tanti bagnanti evacuati dalla spiaggia di Punta Molentis durante il grave incendio del 27 Luglio 2025. Ero lì con la mia famiglia e, come molti altri, abbiamo vissuto momenti di forte paura e confusione.
Desidero innanzitutto esprimere un sincero ringraziamento a tutti coloro che si sono adoperati per aiutare: bagnini, operatori dei chioschi, volontari e soprattutto i Vigili del Fuoco, che con coraggio e dedizione hanno lavorato per garantire la nostra incolumità. Senza il loro intervento, le conseguenze sarebbero potute essere ben più gravi.
Quella che abbiamo vissuto non è stata solo un’emergenza ambientale, ma un concreto rischio per la vita umana. Il mio intento non è polemico, ma vuole offrire una riflessione costruttiva, perché eventi di questo tipo, sempre più frequenti, siano gestiti con maggiore preparazione.
Gli incendi in Sardegna non sono più eventi eccezionali, ma purtroppo endemici. Trattarli come imprevisti estemporanei non è più accettabile. A Punta Molentis, una spiaggia a numero chiuso con un costo medio di circa 30 euro al giorno per famiglia e una presenza costante di centinaia di bagnanti al giorno, è lecito aspettarsi un minimo livello di organizzazione e sicurezza, anche perché le risorse economiche non mancano.
Durante l’emergenza, abbiamo riscontrato gravi criticità:
- Nessun allarme acustico o sirena che segnalasse la presenza del fuoco;
- Nessun piano di evacuazione conosciuto dai bagnini o visibile ai bagnanti;
- Nessuna comunicazione tra spiaggia e parcheggio;
- Nessun punto di ritrovo, né figure ufficiali di riferimento;
- Nessun presidio medico di base accessibile, nemmeno una cassetta di pronto soccorso chiaramente individuabile.
Il risultato è stato il caos totale.
Alcuni si sono rifugiati sugli scogli o in mare, altri hanno vagato senza indicazioni, guidati da voci incontrollate. Una signora ha avuto una crisi d’asma, un’altra era incinta e ha dovuto farsi largo tra rocce e fumo. Nessuno ci dava indicazioni su dove andare, né quale fosse l’area più sicura tenendo conto del vento e della nube tossica generata anche dalle auto che stavano bruciando.
Il pericolo maggiore non era solo il fuoco, ma il fumo denso e acre che ci avvolgeva, rendendo impossibile respirare.
Ci siamo salvati non grazie a un piano d’emergenza, ma grazie alla collaborazione spontanea tra bagnanti. Abbiamo condiviso acqua, aiutato chi era in difficoltà, cercato farmaci per chi ne aveva bisogno. Ma tutto ciò è stato frutto di improvvisazione, non di preparazione.
Tengo a precisare che i bagnini e gli operatori hanno dato il massimo con gli strumenti a disposizione. Ma è evidente che il Comune di Villasimius e le autorità locali devono ripensare seriamente la gestione della sicurezza nelle spiagge a forte frequentazione.
Punta Molentis ha un solo accesso. Se viene bloccato — come è successo — la spiaggia diventa una trappola.
Il Comune incassa ogni giorno somme significative grazie al turismo: è lecito domandarsi dove vengano reinvestiti questi fondi. Sarebbe il momento di destinare parte di queste risorse a:
- Sistemi di allarme visivi e sonori;
- Piani di evacuazione chiari e multilingue;
- Presidi di primo soccorso accessibili
- Formazione mirata del personale;
- Un coordinatore presente in loco, collegato con autorità e forze dell’ordine.
Il rischio è che, poiché questa volta non ci sono stati morti o feriti, si vada avanti facendo finta di nulla. Ma la verità è che centinaia di vite sono state messe in pericolo perché nessuna procedura era in atto per mettere le persone in sicurezza.
Questo non deve più succedere.
Mi auguro che questa testimonianza possa servire ad aprire un dialogo costruttivo e serio, e che da questa esperienza si possa finalmente imparare qualcosa.