Da anni, Milva Caboni fa la sua battaglia in difesa dell’albero che domina maestoso in giardino, a ridosso del muraglione di cemento che divide la sua proprietà da quella della parrocchia. Succede nel rione della parrocchia, centro storico di San Sperate, precisamente nella riga di confine tra l’oratorio e il giardino dell’abitazione di Milva Caboni, imprenditrice. L’albero ha una gigantesca chioma che si affaccia sul campetto dell’oratorio con i suoi possenti bracci, la qual cosa non piace alla parrocchia che vorrebbe procedere a una drastica potatura dei rami svettanti nella sua proprietà.

«È una quercia che sta qui da 300 anni, un meraviglioso monumento della natura dentro il centro abitato. Un intervento così drastico finirebbe per ucciderla», avverte Milva. «Tagliare i rami equivale a mutilare la pianta, mettendo a rischio la sua salute e lasciandola indifesa di fronte all’attacco dei parassiti. L’unico intervento che potrebbe essere fatto è un alleggerimento delle fronde sopra il bagnetto del campo».

«Sa quanto sporcano le foglie? Dobbiamo pulire in continuazione, non solo nelle giornate di vento», è la replica di padre Antonio Cirulli, parroco di San Sperate. «E poi ci sono problemi di sicurezza, qui giocano i bambini del nostro oratorio», avvisa indicando il muro che fa da spalliera ai gradoni, sopra il quale svetta uno dei possenti rami della pianta.

«Non voglio certo fare la guerra», dice il parroco. «Faremo la potatura solo dove sarà possibile intervenire e seguendo tutte le indicazioni che ci verranno date». Milva guarda la grande quercia e avvisa: «Un albero così bello è un tesoro per il paese, un polmone verde dentro il centro abitato. Mutilarlo è ferire a morte un essere vivente».

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