L'onda è lunga quanto uno tsunami. Dirompente e spropositata, quasi che niente riesca a fermare quello sfregio che avanza inesorabile nelle foreste dell'Isola. Dai Tacchi d'Ogliastra all'Oasi del Cervo, profondo sud della terra di Sardegna. Varcare i confini di Monte Arcosu, tra una spianata di impuniti pannelli fotovoltaici americani e mai rimarginate ferite montane dell'ultima nefasta alluvione che ha colpito Capoterra e dintorni, è come superare il check point di uno scrigno inviolabile. Lo sguardo sul verde impetuoso, mitigato solo dai raggi del sole del mattino, qui, alle pendici è solo un ricordo.

Battiti rallentati

Quel cuore pulsante di lecci e sugheri, ginepri e cisto, lentisco e mirto, olivastro e rosmarino, ha rallentato i suoi battiti. Il corbezzolo che si insinuava a mezza costa è in affanno. Quei quattromila ettari di foresta sarda, mix unico di varietà forgiate da terra granitica, sono la culla del Cervo sardo, prima a due passi dall'estinzione e ora specie dominante in questo proscenio. Il "male oscuro", il cocktail micidiale di siccità e funghi patogeni, ha varcato il confine del sud dell'Isola. Si è insinuato come un fulmine alle porte della Capitale, quando lo sguardo era rivolto interamente al dilagare del fenomeno sull'entroterra della costa orientale. L'orizzonte, traguardato da Castello, sul fronte del "Bastione" di Buon Cammino, non lascia speranze.

Macchia rossa

La macchia rossa è indelebile nello skyline verso Capoterra, Uta e Assemini. I cromatismi verdi hanno segnato il passo a quell'incedere eloquente di quell'agente patogeno che sta già sconvolgendo centinaia di migliaia di ettari. Quando la vista si fa più ravvicinata, percorrendo la Macchiareddu-Capoterra, verso l'entroterra, capisci che non si tratta di un effetto ottico. Sin dalla porta d'ingresso di quella che da sempre è stata la casa del cervo, ti rendi conto che quelle macchie rosse sono distese infinite, su tutta la gola principale del rifugio del Wwf. Il corso d'acqua che si incunea nella curva di livello più bassa è ancora segnato dallo stravolgimento della catastrofe alluvionale del 2008. I detriti sospinti da monte a valle hanno creato dighe di pietra, che ancora ostruiscono il naturale alveo. Gli attraversamenti stradali di cemento, eretti per guadare il fiume, sono da allora ancora ribaltati, capovolti dall'impeto dell'onda che si abbatté nefasta sul Rio San Girolamo. Ora quel tracciato è solo umido, per quattro gocce che si sono infrante in questi giorni su quei versanti, senza mai raggiungere la dignità di un bicchiere d'acqua. La terra assetata era e tale è miseramente rimasta. Per il resto, però, quel disastro visibile ad occhio nudo non può essere solo siccità perenne, anche perché si intravvedono macchie ancora verdi e rigogliose, circondate, però, da distese infinite segnate inesorabilmente da quel male che sta spezzando la resistenza forestale di mezza Sardegna. A nulla valgono i tentativi di derubricare a fenomeno ciclico quel che ognuno può vedere ad occhio nudo: sul campo nessuno ha memoria di tanta devastazione, ancora senza una spiegazione compiuta e puntuale, come se il male fosse calato improvvisamente dal cielo. Non è così, ovviamente. Il pericolo, già noto e segnalato da studi approfonditi da almeno dieci anni, ha visto proprio l'Oasi di Monte Arcosu al centro di un progetto internazionale, ignorato, però, dai vertici forestali dell'Isola. Non è un caso che della ricerca applicata, denominata Progetto Life-Fagesos, avviata nel 2022 e in conclusione nel 2027, facciano parte diverse regioni europee che si affacciano sul Mediterraneo, ma non la Regione sarda. Del piano di monitoraggio fa parte, però, l'Università di Sassari che ha inserito proprio Monte Arcosu tra le aree da tenere sotto controllo. Uno studio che oggi diventa maledettamente premonitore di quanto si sta con virulenza manifestando da nord a sud dell'Isola: «Declino indotto da Phytophthora degli ecosistemi delle fagaceae nell'Europa meridionale esacerbato dai cambiamenti climatici: preservare i servizi ecosistemici attraverso una migliore gestione integrata dei parassiti». Niente di sconosciuto, dunque, ma semmai un allarme accademico sottovalutato e non monitorato. Non è un caso che il progetto internazionale aveva un obiettivo esplicito: «Affrontare e porre rimedio a una delle minacce più gravi associate ai cambiamenti climatici globali: lo scoppio di patogeni vegetali invasivi alieni, che hanno un impatto negativo sugli ecosistemi forestali naturali e semi-naturali».

Allerta ignorata

Nel piano europeo sono anche indicate con chiarezza assoluta le gravissime conseguenze possibili: «le malattie da Phytophthora stanno aumentando il loro impatto e la loro distribuzione negli ecosistemi di querce sempreverdi e castagneti del bacino del Mediterraneo, rafforzate dall'aumento della temperatura e dalla maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi come inondazioni e siccità». Tra i pericoli più rilevanti segnalati nel progetto transnazionale c'è un capitolo rilevante dedicato alla conoscenza: «La scarsa consapevolezza pubblica del problema, il grave impatto umano sulle aree forestali e il nuovo regolamento UE sui fertilizzanti, che limita l'uso del K-fosfonato, la molecola più efficiente ed ecologica per mitigare l'impatto delle malattie, aumentano ulteriormente il rischio di diffusione epidemica di queste malattie». Insomma, in Sardegna, in questi ultimi anni, si sono ignorate tutte le azioni e i protocolli già adottati positivamente in alcune aree mediterranee funzionali ad alleviare e bloccare il fenomeno.

Nessun protocollo

Ad oggi nell'Isola, nonostante l'allarme sia scattato da tempo, non è stato adottato nessun protocollo di gestione integrata dei parassiti, incluso, come prevede il progetto "Life Fagesos", «un uso rigorosamente programmato di nuove biomolecole e microrganismi con comprovata efficacia». Lo stesso dicasi per l'assenza di «protocolli di trattamento integrati da misure igieniche per prevenire la diffusione delle malattie e protocolli di monitoraggio completamente accessibili, basati su modelli e tecnologie convalidati e innovativi». La riunione del tavolo fitosanitario in programma per il 27 settembre prossimo, intanto, è stata ulteriormente rinviata. Si dovrebbe tenere, salvo ulteriori rinvii, il 30 settembre prossimo, sempre a Luas, nel complesso forestale del Gennargentu Ogliastrino. Per adesso, però, l'onda lunga del «male oscuro» è arrivata nell'Oasi del Cervo, sul Monte Arcosu. 

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