Over Security, basista condannatoper una rapina milionaria nel 2006
Il giovane nuorese ritenuto la talpa dei sette banditi entrati in azione nel maggio del 2006 era dipendente della società privata.«La giustizia farà il suo lavoro, sono fiducioso». Così dichiarava Mosè Ledda all'indomani del processo di primo grado che lo aveva riconosciuto colpevole come la talpa della rapina da tre milioni e mezzo di euro all'istituto di vigilanza “Over Security” di Nuoro. Chissà se oggi ribadirebbe quell'affermazione dopo che anche dal processo d'Appello è arrivata la conferma della condanna (con rito abbreviato) a otto anni e mezzo di carcere.
La sentenza è stata emessa nella tarda mattinata di ieri e non ha riservato sorprese. I giudici hanno accolto in toto le argomentazioni dell'accusa, ribadendo così la convinzione che l'ex vigilante di 33 anni sia il basista del colpo milionario messo a segno quattro anni fa e che sia anche il responsabile dei due attentati che il suo collega Pasquale Usai subì nei giorni successivi. Non è bastata quindi la difesa appassionata, quanto articolata, degli avvocati Gianni Sannio e Angelo Magliocchetti: incassato il duro colpo, i legali rimangono convinti dell'innocenza del loro assistito e, con il rispetto che si deve alle sentenze, attenderanno la pubblicazione delle motivazioni prima di presentare il certo ricorso in Cassazione.
Si conclude così il secondo atto di una vicenda giudiziaria basata esclusivamente su elementi indiziari, dal momento che il bottino, neanche la parte che sarebbe spettata al presunto basista, è stato mai recuperato. Solo indizi, ma «gravi precisi e concordanti», come scrisse il giudice di primo grado. A cominciare da quella «improvvisa e strana fortuna» che ricollegherebbe Mosè Ledda senza ombra di dubbio alla rapina milionaria. Il principale elemento d'accusa, infatti, è rappresentato da quella che viene considerata una sospetta disponibilità di denaro nelle tasche dell'ex guardia giudara nei mesi successivi al colpo. Dall'esame dei conti correnti, gli inquirenti appurarono che a fronte di uno stipendio da 900 euro che percepiva dalla Over Security (di cui era dipendente prima di essere licenziato nel dicembre 2006), nel mese di agosto effettuò un versamento di quasi 12 mila euro e ne prelevò circa novemila, mentre un mese più tardi fece una serie di altri depositi per oltre 15 mila euro. In più furono accertate ingenti spese in contanti per acquistare auto e moto e soprattutto per pagare la licenza di un pub in via Piave che aveva rilevato e completamente ristrutturato.
L'accusa poi ha sostenuto che Ledda in conosceva il sistema di videosorveglianza, aveva la disponibilità del telecomando del cancello d'ingresso e poteva venire a conoscenza della combinazione della cassaforte, dato i rapporti di amicizia stretti con il dipendente che ne era in possesso e quindi sapeva, con ogni probabilità, che il collega aveva annotato i numeri in un'agenda che teneva sulla scrivania. Ma non è tutto. Secondo il pm (e ora anche secondo il giudice) Mosè Ledda subito dopo la rapina cercò di insinuare sospetti sui titolari dell'Over Security e si mise a disposizione degli stessi per recuperare almeno i soldi della franchigia, circa 460 mila euro.
La rapina andò in scena alle 7,50 del 23 maggio 2006 e filò liscia come l'olio. Sette uomini armati fecero irruzione nell'istituto di vigilanza , riempirono alcuni sacchi di contanti e, prima di fuggire, portarono via gli hard disk con le registrazioni delle telecamere. Ora all'appello mancano loro e i soldi.
FRANCESCO CABRAS