Il giudice per le udienze preliminari Giorgio Altieri gli ha concesso l'abbreviato secco (negando contestualmente l'abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica sull'imputato sollecitato dal difensore Massimiliano Dessalvi) e rinviato a quella data per la richiesta di pena e l'arringa dell'avvocato.

L'UDIENZA È l'esito dell'udienza di ieri mattina al palazzo di giustizia di Cagliari, primo appuntamento del processo per l'omicidio commesso la sera del 20 aprile 2009 alla periferia di Settimo in un orto che per quasi quaranta giorni aveva custodito il cadavere di una persona fino ad allora ritenuta semplicemente scomparsa o fuggita volontariamente da una situazione familiare sempre più difficile. Invece Elisabetta Bruno, 43 anni, era sempre stata a un passo da casa, ammazzata dal marito e sepolta sotto pochi centimetri di terra.

LA TRESCA La donna aveva scoperto la relazione sentimentale tra il 63enne consorte e Rosalba Canu (54 anni, difesa dal legale Carlo Monaldi) e per questo da tempo la coppia litigava pesantemente. Nella primavera di un anno fa, durante l'ennesimo diverbio, l'uomo aveva afferrato un piccone e colpito per tre volte la moglie. Poi la fossa, l'interramento e la costruzione artefatta di una fuga inesistente con tanto di appelli a televisioni e giornali per il suo rientro tra le mura domestiche.

LE ACCUSE Un atteggiamento freddo che ha spinto il pm Maria Virginia Boi, titolare dell'inchiesta, a contestare all'imputato non l'omicidio volontario (frutto eventualmente di un gesto d'impeto, dettato dall'ira) ma quello premeditato (più grave perché organizzato in precedenza). Cambedda aveva confessato il delitto davanti ai carabinieri di Sinnai e Quartu la notte tra il 26 e il 27 maggio e subito dopo portato i militari nel posto in cui aveva nascosto il cadavere. Da allora è sempre stato chiuso in una cella di Buoncammino e in un'occasione aveva anche tentato il suicidio.

I PARENTI Ieri al palazzo di giustizia l'uomo è entrato in aula accompagnato dal suo difensore e da due agenti della polizia penitenziaria. Nel corridoio c'erano una figlia e altri due parenti. Tra due mesi le richieste di condanna: saranno ugualmente presenti i figli e la sorella della vittima, parte civile col legale Pierluigi Concas.

AN. M.
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