«Una situazione da terzo mondo. Stavolta è toccato a mia madre, ma potrebbe accadere a tutti». 

Sono le parole di Michelina Mulas (imprenditrice agricola di Fonni, con azienda a Siamanna), che da Nuoro denuncia l’odissea affrontata da sua madre, 91enne, per trovare un posto in reparto all’ospedale San Francesco.

«Mercoledì, all’ora di pranzo, mia mamma è caduta in casa, ha battuto la testa e si è rotta il femore. Abbiamo subito chiamato l’ambulanza e nel giro di poco siamo arrivati in pronto soccorso».

Fin qui tutto bene. Ma una volta in ospedale arriva la comunicazione: «Al momento non ci sono posti disponibili in reparto», prosegue Mulas. 

«Dunque mia mamma è stata lasciata sulla barella, in attesa. Ora, quando si va in pronto soccorso, tutti dobbiamo aspettare. Ci si aspetta di attendere un’ora, due ore, tre, magari anche sette. Ma dopo trenta ore (la segnalazione a L’Unione Sarda.it è delle 20 di venerdì, ndr) mia madre è ancora lì, sulla barella, in attesa che si liberi un posto. Una situazione – continua Michelina Mulas - assurda e a mio giudizio vergognosa». 

Ad assistere la donna l’altra figlia, «costretta a rinunciare a ogni impegno per restarle accanto», precisa Mulas. Che sottolinea anche il fatto che «non essendo mia madre ricoverata, le sono stati fatti sì gli esami – che hanno confermato la rottura del femore – ma non le sono stati somministrati pasti. Solo dopo ripetute insistenze da parte nostra le è stata data almeno una fisiologica e poi, dalla sala d’attesa, è stata portata, sempre sulla barella, in una sala più “tranquilla”».

La stessa Mulas aggiunge: «Abbiamo anche provato a chiedere se fosse possibile spostarla in un’altra struttura che avesse posto. Ma ci è stato risposto che in nessun ospedale della Gallura c'erano letti disponibili. Una situazione surreale e secondo me gravissima».

«Prima o poi – conclude l’imprenditrice – un letto si libererà. Ma trovo inconcepibile che una donna anziana di 91 anni debba affrontare una simile odissea. E questo vale non solo per mia mamma, ma per tutti gli utenti della sanità pubblica». 

(Unioneonline/l.f.)

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