C’è il sole a illuminare questa due giorni di “Autunno in Barbagia” che a Orune sigla una stagione di rinascita per le comunità, dopo la chiusura, durata due anni, a causa della pandemia.

Ultimi giorni di un autunno anomalo, che vede il sole dominare le vallate intorno da dove si scorge il mare, presagio di orizzonti infiniti che si aprono al mondo.

Numerosi i visitatori che già da sabato si accalcano nelle vie del paese e che domenica invadono letteralmente il centro storico di Orune. C’è molto da vedere, molto di cui meravigliarsi.

Le bambine che sulla piazza rievocano vecchi giochi, vestite da piccole donne, portano a spasso bambole di pezza come antiche janas in un parco incantato e i loro sguardi, conducono i turisti che si insinuano nelle antiche dimore rimesse a nuovo per l’occasione.

Tutto a Orune presenta una comunità realmente ospitale, fra le poche rimaste.

Non sono le solite Cortes a cui gli ultimi eventi ci hanno abituato, c’è l’artigianato, i sapori, i profumi e l’arte squisita dell’accoglienza. Caratteristica che qui non è semplice aggettivo è sentimento profondo di una comunità, allevata, nutrita naturalmente e offerto a garanzia di una identità ben definita.

Algoritmi del cuore che nelle cortes di Orune riconquistano la metrica dei sentimenti più autentici. Devozione quasi nei confronti delle tradizioni che affiorano come licheni sulle azioni della gente. Cultura che sfiora le corde più profonde dell’essere umano: Pellai, sarti, dolciai e panificatori mettono in mostra le loro opere come in un naturale percorso d’arte, quale simbolo di appartenenza ad una comunità che simboleggia l’ospitalità. Il pane, in questo ultimo appuntamento di Autunno in Barbagia, diventa straordinario protagonista e in Pane ‘e Prendas, l’allestimento a esso dedicato negli spazi di Casa Murgia, restituisce fisicità ad un vero percorso dei sensi fra antichi gioielli e i pani votivi descritti nei racconti deleddiani.

Il pane carasau, quello di ricotta e su pudzonedhu de su Cossolu, impastati a vista dinanzi ai visitatori, hanno riassunto la capacità delle massaie di trasformare un semplice chicco in farine fiabesche, riempiendo le strette vie di magia, come in un racconto ancestrale.

Una manifestazione che altrove si è trasformata in fiera paesana, a Orune assurge a straordinario percorso dei sensi allertati dai profumi di una enogastronomia mai scontata. Arte, tradizione, ospitalità si intrecciano, creando un ordito dal fascino ineguagliabile che la comunità ha saputo offrire. Briciole sparse che, come nel racconto di Perrault, segnano la via da seguire per salvare questa straordinaria cultura agropastorale, affinché chi verrà dopo di noi, possa ancora goderne.

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