Ci sono anche qui, ma oggi non si fanno notare. Osservano da lontano e nessuno sa dove siano nascosti. Dal paese lo sguardo dei carabinieri non si distoglie neanche un attimo: durante il giorno e soprattutto nel cuore della notte. Perché la caccia a un latitante in Sardegna non si può fare con le ultime diavolerie tecnologiche. Nell'indagine che ruota intorno alla fuga di Graziano Mesina, infatti, si lavora anche, o soprattutto, con metodi tradizionali. Perlustrazioni, appostamenti, perquisizioni e pedinamenti. L'attività dei nuclei investigativi, quella dei militari del comando provinciale di Nuoro e quella dei Cacciatori di Sardegna, in questi giorni si è fatta molto più frenetica. Nessuno degli investigatori si fa sfuggire un solo dettaglio, nessuno fa capire se l'inchiesta sia a una svolta, ma sul lavoro quotidiano - è evidente - è stata impressa un'accelerata. Le ultime 24 ore hanno visto in campo quasi 100 militari: attività in diverse zone della Sardegna. Nel Nuorese, ma anche nella provincia di Sassari e persino nell'Oristanese. Sotto assedio c'è mezza Sardegna, perché Graziano Mesina ha legami familiari persino difficili da ricostruire e perché negli anni della libertà, nel periodo delle escursioni con i turisti e gli affari con i narcotrafficanti, ha costruito una fitta rete di amicizie e di interessi.

L'assedio

Le prime perquisizioni iniziano all'alba e l'attività va avanti per quasi tutta la giornata. I carabinieri cercano Grazianeddu ma per arrivare a lui provano a ricostruire la rete dei fiancheggiatori: quelli che potrebbero aiutarlo nella sua vita da fantasma e quelli che potrebbero sapere qualcosa sul nascondiglio o sugli spostamenti fatti nel corso di questi 7 mesi. Il fantasma del Supramonte per il momento resta invisibile, ma con la certezza di avere minori spazi di manovra.

Gli obiettivi

I blitz scattano quasi contemporaneamente poco prima dell'alba: il sole non è ancora spuntato ma all'orizzonte c'è già un filo di luce. Pattuglie in borghese e fuoristrada dei reparti speciali si mettono in strada. Si parte da Abbasanta e Nuoro si punta su obiettivi diversi e studiati da chissà da quanto tempo. A Orgosolo si osservano i soliti movimenti sospetti, le perquisizioni scattano altrove. Nel mirino dei carabinieri ci sono due aziende nelle campagne di Bultei e tre ovili dalle parti di Cuglieri, non lontano dal mare di Santa Caterina di Pittinuri. In campo ci sono anche gli uomini della compagnia di Bono e quelli di Ghilarza. L'obiettivo della missione ovviamente è scontato: scovare la tana del vecchietto imprendibile, considerato dalla Direzione centrale della polizia criminale come uno degli otto criminali più pericolosi d'Italia. E su di lui, ha ordinato il Viminale, deve essere fatta la stessa pressione che le forze di polizia concentrano su personaggi come Matteo Messina Denaro o il calabrese Rocco Morabito.

Le indagini

Le perquisizioni sono il frutto di settimane di accertamenti: verifiche sul campo e riscontri su piccole informazioni. Amicizie oppure semplici conoscenze, parentele o affari spesso vecchi di molti anni. Gli investigatori nuoresi, tra i più esperti nella caccia ai latitanti, hanno imparato sul campo che per coprire la fuga a chi non si arrende ai mandati di cattura non basta un nascondiglio. Serve supporto logistico e assistenza.

I primi blitz

Operazioni più o meno identiche, nelle scorse settimane, erano state organizzate nei paesi del Sassarese. E nel corso delle perquisizioni i carabinieri avevano anche sequestrato armi e droga. Ma l'obiettivo ovviamente era un altro: privare Mesina di amici e collaboratori.

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I SETTE MESI DI MISTERI E SILENZI - Qualcuno fa persino finta di non sentire, quando fai il nome di Grazianeddu. «Qui - dice una signora davanti all'ufficio postale di via Locoe - abbiamo altri problemi: il virus, l'assenza di turisti e i troppi disoccupati». Il marito, che l'attende in macchina e sente la discussione, interviene subito e precisa: «Abbiamo troppe preoccupazioni, figuriamoci se ci stiamo occupando dei guai di un nostro compaesano».

L'argomento non è gradito e gli orgolesi l'hanno detto più volte: «Non tanto perché vogliamo difenderlo, solo perché qui ognuno risponde delle proprie azioni - sostiene un ragazzo appena uscito dal municipio - Comunque un uomo della sua età non mi sembra un delinquente così pericoloso». Di sicuro più forte di quanto non si credesse a luglio, il giorno che i carabinieri sono andati a cercarlo a casa per riportarlo a Badu 'e Carros e non l'hanno trovato. Si diceva, in quei giorni, che la fuga sarebbe durata poco tempo e che alla resa non ci sarebbe stata alternativa per un uomo di quell'età. E invece, il recordman della latitanza, che è anche ai primi posti della classifica sul numero di anni passati in cella, dimostra coraggio e forza fisica. Ma anche buoni rapporti con persone che sono in grado di assicurargli un tetto, un letto e un pasto caldo. Perché di una cosa i magistrati sono quasi certi: impossibile credere che Mesina abbia passato questi mesi in piena campagna, magari in mezzo ai boschi come ai tempi della gioventù ribelle, o in un ovile in montagna.

L'ipotesi più accreditata in Procura è che abbia trovato una casa, magari lontano dal suo paese e magari dopo aver fatto tappa in altri posti, almeno nelle prime settimane. Quello che in tanti si aspettavano, cioè una mediazione sulla resa per poter contrattare un trattamento favorevole, per il momento non è avvenuto. Perché quella condanna a 30 anni per traffico di stupefacenti, Graziano Mesina la considera una grande ingiustizia e alla soglia degli 80 anni non ha alcuna intenzione di rimettere piede in carcere. L'undicesima evasione, su 22 piani tentati nel corso di una carriera fatta di processi e lunghi periodi di detenzione, resta certamente la più clamorosa. E comincia a essere una delle più lunghe.

Nicola Pinna

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