“Il barchino non è stato trovato”: una formula che era diventata quasi di rito in occasione delle più recenti comunicazioni ufficiali sugli arrivi di migranti  sulle coste del sud ovest della Sardegna. L’ultima scoperta delle Fiamme Gialle del Reparto operativo aeronavale di Cagliari spiega il perché o, comunque, svela le ragioni di una parte del fenomeno:  gli stranieri stavano arrivando a bordo di imbarcazioni che li scaricavano vicino alla riva per poi fare di nuovo rotta verso il Nord Africa. 

Come avrebbe dovuto fare il peschereccio fermato dai finanzieri davanti a Cala Cipolla: a bordo c’era tanto carburante da garantire l’arrivo nell’Isola e il ritorno verso la Tunisia in sicurezza, una volta sbarcato il “carico umano” che aveva pagato per effettuare la tratta. Ma il motore si è rotto: sopra erano in diciotto. Tre hanno provato a mescolarsi al gruppo, ma sono stati identificati come scafisti, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e portati in carcere a Uta. 

«Lo sbarco», fanno sapere dal Roan, «è stato effettuato adottando una metodologia assai diversa rispetto a quella rilevata negli ultimi anni in occasione degli arrivi irregolari verso le coste a Sud dell’isola sarda, generalmente eseguiti impiegando fatiscenti e pericolose barche di pochi metri con piccoli motori fuori bordo, condotte dagli stessi migranti».

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