Il boss di Sant’Elia si è pentito ma non ha ottenuto sconti; il pm ha chiesto la condanna a sedici anni di Andrea Perdisci, 38 anni. Al termine di una lunga requisitoria, nell’aula della Corte d’assise di Cagliari, davanti al gup Roberto Cau che procede col rito abbreviato, il rappresentante dell’accusa ha chiesto in tutto 15 condanne per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e un’assoluzione: dodici anni per i due fratelli del boss Antonio e Carlo Perdisci e per Roberto Cocco 47 anni; dieci anni per Roberto Floris, 56 anni, Pierpaolo Limbardi, 40 anni, e Stefano Lugas, 44 anni; otto anni per i fratelli Fabio e Pierpaolo Lugas, Simone Melis, 36 anni, Simone Nossardi, 23 anni, Gianluca Privitera, 24 anni, Stefano Trudu, 28 anni, Gianluca Sollai, 24 anni, e Carla Putzu; cinque anni per Fabrizio Sanna, 45 anni. Il pm ha chiesto l’assoluzione solo per Melise Marongiu.

Il 5 novembre la parola passa alla difesa.

Il blitz della Polizia era scattato il 15 giugno 2009 con 15 arresti e il sequestro di soldi (centomila euro), una villa con piscina e sauna a Uta, conti correnti con libretto al portatore, cinque auto, due furgoni, un camper, un peschereccio, televisori al plasma, videocamere, orecchini, collier, bracciali per un valore complessivo di oltre un milione di euro. Era questo il tesoro di una banda organizzata come un’impresa che ogni giorno spacciava una media di 250 dosi di droga per un incasso che andava dai 45mila ai 60mila euro al mese.

Era stato lo stile di vita del boss ad attirare l’attenzione degli inquirenti: barche da diporto, macchine di lusso, tre famiglie mantenute nel benessere. Andrea Perdisci manteneva buoni rapporti con la moglie separata e aveva relazioni stabili con altre due donne, una sarda e una straniera: a tutte pagava l’affitto, a tutte regalava scooter, macchine e gioielli.
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