L’approccio è sempre lo stesso: benefattori sbarcati in Sardegna a portare ricchezza e prosperità, lavoro e denari. Fanno persino le vittime, nel tono di voce e nelle parole: «Nessuno ci vuole ricevere» - scandisce l’inviato di JP Morgan nella capitale archeologica del Golfo degli Angeli. A Pula, eccellenza turistica nella costa violentata dalle ciminiere della Saras, l’hanno mandato in avanscoperta i padroni della Renantis, i banchieri della potente JP Morgan, la più grande banca d’affari al mondo, tutti “innamorati” della slot machine del vento sardo.

Il “sardo” di Jp Morgan

L’inflessione milanese sovrasta il cognome sardo, Fabrizio Puddu di Oristano. Non lo nasconde: «la nostra società appartiene ad un fondo della JP Morgan e proprio in questi giorni ci stiamo fondendo con un’altra azienda». Lui, con la scusa dell’anagrafe sarda, vorrebbe convincere altri sardi, il Sindaco di Pula, la maggioranza e la minoranza del Comune rivierasco, della bontà del progetto “americano”. Le parole sono salamelecchi ad oltranza, quasi una devozione per il Sindaco di Pula, Walter Cabasino. In realtà non sa quel che lo aspetta. Lo dice apertis verbis: «Gli amministratori non ci vogliono neanche parlare». A Pula, invece, gli danno la parola, per educazione e bon ton istituzionale. L’incedere, però, è barcollante, non foss’altro che il progetto da presentare agli amministratori del centro rivierasco è l’esatto contrario di quel che vorrebbero far credere.

«Qui, davanti a voi»

La prima confessione è senza appello, una condanna ancor prima di iniziare. Il verbale registra le parole senza remore: «La nostra società sta lavorando per la realizzazione in Italia di sei parchi eolici galleggianti offshore». Il disastro comunicazionale avviene subito dopo la premessa: «Questi parchi sono due in Puglia, uno in Calabria e due in Sardegna. Nora uno e Nora due. Insomma, qui davanti a voi, sostanzialmente». La sala, già fredda al cospetto di un progetto che nessuno qui vuole, diventa di ghiaccio. Se la diplomazia “sardo-italo-americana” voleva tentare di distendere i rapporti con i finanzieri del vento quell’affermazione, «qui davanti a voi, sostanzialmente», “seppellisce” per sempre ogni speranza.

Elefante a Nora

Morta e sepolta, visto che anche il nome dei due progetti, «Nora 1 e Nora 2», assume ben presto le sembianze di una passeggiata elefantiaca in una cristalleria di storia e natura. Insomma, il simbolo dell’antica città fenicia, rigoglioso richiamo turistico del sud Sardegna, trasformato in un batter d’occhio in un’orrenda vestigia eolica, con la “piantumazione galleggiante” di 93 pale da 15 megawatt ciascuna proprio davanti alla Torre di Nora.

93 Torri Eiffel

L’inviato della banca d’affari alterna sprazzi di sincerità, con affermazioni che nemmeno la fantasia più galoppante potrebbe ipotizzare: «Non vi nascondo che queste pale sono alte come la Torre Eiffel, (324 metri n.d.r.) posizionate, però, a una distanza minima dalla costa di venti chilometri dalla prima fila di turbine di aerogeneratori, nel caso di Pula». Secondo gli algoritmi di JP Morgan quelle pale ciclopiche non si vedranno dalla costa. In realtà dicono tutti così, quasi si fossero messi d’accordo. Anche per i “ventilatori” davanti alla Reggia nuragica di Barumini o quelli davanti alla Basilica di Saccargia, al Redentore di Nuoro o al Mont’Albo di Lula - secondo gli incassatori di incentivi miliardari di Stato - non c’è nessun problema: state tranquilli non si vedono.

Non è vero niente

Ovviamente, non è vero niente: quelle pale si vedono eccome, lo dichiarano gli stessi studi sulla visibilità, allegati, forse per errore, in diversi progetti eolici offshore. Figuriamoci in quello scenario mozzafiato davanti all’esclusiva baia di Nora o sul proscenio dello “stellatissimo” Forte Village, a Cala Zafferano o alla spiaggia di Tuerredda a Teulada. Orizzonte marino deturpato, senza appello, navigabilità interdetta, addio regate e circumnavigazione dell’Isola, niente pesca, fuori tutti da quelle aree a mare.

Pescherecci out

L’inviato degli Yankee parla già da padrone del mare e annuncia i divieti. Più che un presentatore di progetti eolici ha le sembianze di uno sceriffo d’alto mare: «È vietata la pesca professionale, i pescatori con i pescherecci, le reti a strascico… eccetera eccetera… non possono entrarci per il semplice motivo che possono agganciare il cavo, e rovinano tutto, sostanzialmente. Ai confini del parco ovviamente sì, ma tra le pale può entrare solo un pescatore amatore, diciamo così, loro possono farlo tranquillamente».

Pesca a lenza

Il racconto è “idilliaco”, quasi “romantico”, con tanto di pescatore armato di canna, lenza e barchetta in mezzo a quel “distensivo rotar di pale” in attesa della lieta pesca. Insomma, favole a buon mercato. Il divieto per i pescatori professionisti è esaustivo, senza appello: fuori tutti, il cavo non si tocca. Ed è proprio su quella connessione a terra della “corrente elettrica” prodotta dal vento americano nel mare sardo che si consuma l’ennesimo scivolone diplomatico. Il dossier recita: scontro dichiarato tra JP Morgan e il colosso petrolifero ancora dei Moratti. Il portavoce dei banchieri del vento lo dice in “camera caritatis”: «La Saras sta per diventare, se già non lo è, un nostro competitor sulle rinnovabili. Una volta che un parco viene autorizzato, però, ci vogliono tre-quattro anni per la sua costruzione. Non è che di punto in bianco la Saras chiude la raffineria, comunque sarà un nostro competitor in un futuro prossimo, quindi ci sta che anche loro abbiano sollevato i loro rilievi, ci mancherebbe altro. Noi incontriamo tutti come voi avete capito. Loro, però, non ci hanno mai voluto incontrare».

Porta in faccia tra vicini

Una sorta di porta sbattutagli in faccia dai “dirimpettai” petroliferi, visto che anche i Moratti, qui, nel Golfo degli Angeli, si sono sempre considerati padroni di casa, non foss’altro per lo scempio ambientale che gli è stato consentito. Nello sbarco americano a Nora, però, non manca nemmeno il tradizionale capitolo delle promesse fantasmagoriche, con tanto di acciaio pugliese e manovalanza sarda.

Il Porto delle pale

Racconta l’uomo della Renantis: «Sarà necessaria una grandissima quantità di acciaio. In Italia abbiamo l'Ilva, l'acciaio verrebbe prodotto a Taranto, caricato su navi di Fincantieri e portato in Sardegna. I semilavorati delle pale, proprio d’acciaio, vengono portati nell’Isola e montati in un porto che stiamo scegliendo. C'è un progetto importante e avanzato nel porto di Oristano. Le pale, probabilmente, cioè, quasi sicuramente, verranno montate al porto di Oristano e da lì, poi, trasportate sul sito. Circa 400 posti di lavoro, e parliamo di operai o specializzati pagati piuttosto bene, direi». Insomma, fanno e disfano a loro piacimento, scelgono porti e decidono in casa d’altri come gestire sviluppo e infrastrutture.

Lavoro mirabolante

Se per il Porto di Oristano ci sono 400 “promesse” a buon mercato di posti di lavoro, per il proscenio di Nora le “mirabolanti” promesse si quadruplicano: «Ogni parco – racconta l’uomo mandato dagli americani alla platea attonita di amministratori - genera 1200 posti di lavoro temporanei, dove per temporanei intendiamo i tre anni per la costruzione del parco e altri 300 dal momento in cui il parco va in funzione. Altri 300 posti di lavoro fissi diciamo così. Per la durata del parco. Un parco eolico di questo tipo dura dai 30 ai 35 anni». Lavoro per tutti, dunque, come se ogni pala eolica fosse un ufficio di collocamento di antica memoria.Se le promesse di “posti” di lavoro non si risparmiano, per tutti e di più, la risposta sulla corrente elettrica “scontata” o “gratis” fa irrigidire in un battibaleno le casseforti della JP Morgan.

Sconti energia? Noi, No

La risposta è da acrobati che soffrono di vertigini. Il supporto lo cercano nei potenziali “vicini” della Saras: «La popolazione ci dice: ma voi cosa ci date? Il tema è: abbiamo la Saras e la benzina in Sardegna costa di più che nel resto d'Italia, così è per l'energia elettrica. La domanda è sempre la stessa: ci date l'energia gratis? ci date l'energia scontata? La risposta è: noi l'energia la produciamo, ma non la distribuiamo. È una differenza sostanziale molto molto importante». Insomma, “loro”, gli americani di JP Morgan, guadagnano a piene mani con il “nostro” mare e il “nostro” vento, di “sconti” per l’energia elettrica, però, non ne vogliono sentire. L’americano in salsa sarda, però, non rinuncia all’immagine virtuale dei dollari rotanti, come se il mare di Nora, l’antica storia e il suo paesaggio unico ed esclusivo, fossero barattabili in cambio di prebende e finanziamenti per feste paesane. L’espressione “elargitiva” dell’inviato della JP Morgan è scolpita nel verbale: «Noi sui ristori, però, siamo per parlarne tranquillamente».

Il NO del Sindaco

Walter Cabasino, Sindaco di Pula, medico un po' di tutti, ha la flemma anglosassone innata, un gentiluomo con la schiena dritta. Il messaggero d’America lo ha lasciato parlare con l’aplomb di chi si prepara a spiegargli come funziona la vita da queste parti. È schietto con tatto il primo cittadino costiero: «Come vi ho già detto e ripetuto: noi, come territorio, ci siamo già espressi in maniera contraria a questo tipo di progetti. Chiunque voglia andare avanti con questi piani deve sapere che non saranno graditi al nostro territorio».

«Abbiamo già dato»

Contrarietà non ideologica, ma ragionata e spiegata: «La Sardegna e noi abbiamo già dato tanto in termini di servitù, abbiamo poligoni militari, industrie pesanti che altri non hanno voluto. L’Isola ha già dato troppo, sia alla comunità nazionale che quella internazionale. Sui posti di lavoro vorrei dirle che siamo abituati e scottati da promesse ataviche, sono aspettative rimaste per la gran parte disattese. Noi per il nostro territorio abbiamo fatto scelte nette e chiare, per noi l’ambiente, il paesaggio, la storia e la cultura sono punti di forza irrinunciabili nella nostra strategia di sviluppo. Non intendiamo metterla in discussione o a rischio per alcun motivo». Messaggio forte e chiaro: non siete graditi, il Golfo degli Angeli non si tocca.

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