La risposta è sempre stata la stessa, sia da Roma che da Cagliari: l’Europa non vuole, l’Europa lo vieta, l’Europa non ci ascolta. Del resto dall’ovile posato ai piedi di Monte Cardiga, ai confini tra Armungia e Villasalto, mai nessuno potrà bussare nel palazzo di cristallo di Rue de la Loi, nel cuore di Bruxelles, sede del Commissario Europeo per l’agricoltura. Eppure quel latte scaraventato tre anni fa nel cielo dell’Isola, riverso sulle strade bruciate della Sardegna rurale, è arrivato sin lì, in quei palazzi descritti di ghiaccio, ma, nonostante tutto, attenti come non mai all’ingordigia dei potentati agricoli del nord, quello della ridente Padania, a scapito dell’unica vera Isola ultraperiferica d’Europa, la terra dei Nuraghi.

Orecchie da mercante

A fare orecchie da mercante questa volta non sono gli uffici di Bruxelles, ma quegli apparati “sovranisti” di Stato che condizionano a favore del più forte le politiche agricole del bel Paese, con la complicità di chi tace e acconsente. Negli uffici di via Venti Settembre, nella strada dei ministeri nella Capitale d’Italia, l’Agricoltura è strabica come non mai. E se la rivolta, riposta per tre anni sotto la cenere della pandemia e della guerra, ha ripreso a sussultare un motivo c’è, forte e chiaro: il grande scippo dei fondi agricoli europei 2023/2027 ai danni della Sardegna e dei pastori sardi. Anche questa volta le istituzioni italiane e sarde hanno cercato di circumnavigare le tensioni, prendendo tempo per addolcire la supposta, ma non ci sono riusciti. Del resto erano stati loro, i pastori sardi, autonomi e senza bandiera, dagli ovili più lontani dell’Isola, a studiare, comparare, analizzare e scoprire l’ennesimo inganno. Non è stato facile contrastare il vecchio adagio dell’agropastorizia sarda foraggiata, sostenuta dai fondi pubblici, da regalie di Stato e regionali.

Forti con i deboli

Troppo facile sparare nel mucchio di aziende agropastorali che non hanno tempo nemmeno per respirare, per attività che non conoscono sabato e domenica, che non hanno le piscine dove adagiare lauti guadagni. Per comprendere che la pastorizia è motore e leva fondamentale dello sviluppo di un’Isola lo si può capire solo al cospetto di una guerra, quando possono venir meno grano e latte, foraggio e prodotti fondamentali per la vita quotidiana. L’autonomia agroalimentare di un’Isola non è solo un desiderio ancestrale, ma per l’economia di una comunità insulare diventa elemento imprescindibile e irrinunciabile. È per questo motivo che il “golpe” agricolo ai danni della Sardegna e dei sardi è un atto che va ben oltre l’interesse del mondo delle campagne dell’Isola. In ballo c’è il riconoscimento dell’esistenza di un comparto strategico che in Sardegna si è fatto sistema, nonostante disagi e discriminazioni, vessazioni e abusi.

Foraggiate i ricchi

Non servono fronzoli per tradurre le righe burocratiche degli atti adottati dal governo Draghi e dal ministro dell’Agricoltura: il nuovo Piano Strategico Nazionale è scritto per foraggiare, ancor di più e incessantemente, il ricco nord agricolo e affossare quello debole e trascurato dell’Isola. A sostenerlo non sono i Pastori Sardi senza bandiera, ma, guarda caso gli uffici europei, quelli di Bruxelles in persona. Sono stati loro, senza tema di smentita a mettere nero su bianco, con il rigore della reprimenda, un j‘accuse potentissimo contro il piano proposto dall’Italia. Lo hanno scritto apertis verbis nel capitolo principale delle «osservazioni europee al piano italiano sulla promozione di un settore agricolo intelligente, competitivo, resiliente e diversificato che garantisca la sicurezza alimentare a lungo termine».

Bocciatura europea

Scrive il commissario Europeo per l’Agricoltura: «L'Italia è invitata a rivedere la strategia per garantire una distribuzione più equa e mirata dei pagamenti diretti. Le scelte per la convergenza interna e la ridistribuzione sono limitate al minimo richiesto dal regolamento (UE) 2021/2115 (regolamento sui piani strategici), mentre il limite massimo e la riduzione dei pagamenti diretti non sono applicati e il valore massimo dei diritti all'aiuto appare relativamente elevato. In combinazione con i pagamenti accoppiati disseminati in molti settori, ciò desta preoccupazione con riguardo all'efficacia della strategia volta a migliorare la distribuzione ed il targeting dei pagamenti diretti».

Commissario di Wojtyla

Non ci vuole molto per tradurlo. Dicono in Europa: in Italia continuate a riempire di soldi chi ne ha già troppi, con il risultato che il divario con le aree povere e deboli non si restringe, ma si amplia. Janusz Wojciechowski, il conterraneo di Karol Wojtyla, fattosi Commissario Europeo per l’agricoltura comunitaria, verga la posizione di Bruxelles in modo inequivocabile: «L'Italia è pertanto invitata a prendere in considerazione una strategia più ambiziosa in termini di convergenza interna e ridistribuzione dei pagamenti diretti, sfruttando i molteplici contributi che tali strumenti fornirebbero a diversi obiettivi». Quando il giovane pastore di Armungia, Fabio Pisu, traduce i dati della proposta romana non ci vuole molto a capire l’impatto devastante sulla pastorizia sarda. I leader della rivolta di due anni fa, Gianuario Falchi e Nenneddu Sanna, non ci pensano due volte a volare nella capitale con Antonio Doa e Gianluigi Argiolas. Una missione non per protestare: con Fabio Pisu spiegano piani strategici, traducono la suddivisione dei finanziamenti da destinare al comparto attraverso le formule europee dell’“eco-schema”.

Scippo preannunciato

Otto pagine di valutazioni tecniche, economiche e finanziarie per spiegare il grande scippo che lo Stato italiano stava mettendo a segno ai danni del sistema agropastorale della Sardegna. Il piano del Governo Draghi è un colpo letale per l’Isola: l’esclusione del settore ovicaprino comporterà una perdita secca, solo su questo fronte, di ben 600 milioni di euro nei prossimi cinque anni. C’è di più, però. La partita più devastante si gioca sui «Titoli agricoli», in pratica le somme stanziate per compensare le difficoltà produttive e di reddito per ogni singolo ettaro agricolo nelle diverse aree del Paese.

Sfregio del Nord

È qui che lo sfregio si trasforma in inganno: alle Regioni ricche del Nord assegnano compensazioni di 20 volte superiori a quelli della media regionale sarda. Uno scippo che il governo infligge senza colpo ferire: «I titoli da 2.000 euro non potranno essere ridotti più del 30%, mantenendo sempre un valore (alla fine della programmazione 2023/2027 di 1.400 euro, mentre i titoli della Regione Sarda non arriveranno a un valore di circa 132 euro (non raggiungendo nemmeno il valore della media nazionale)». Stefano Patuanelli, Ministro del nord, li ascolta, annuisce, si impegna a valutare e, poi, infine, se ne frega. Nessuna risposta ai pastori. L’Italia replica alle 40 pagine di osservazioni europee sul Piano strategico nazionale, ma il riparto-scippo ai danni dell’Isola resta tale e quale. La Regione Sardegna tace. I pastori sardi no. In ballo c’è un principio sacrosanto: coesione e riequilibrio economico-territoriale. Le scuse sono finite: è l’Europa che chiede la fine delle regalie alle aree ricche del Paese.

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