Vivere il circo non è da tutti. Ci vuole una particolare predisposizione al sacrificio, essere abituati a stare a lungo lontano da casa e bisogna sentire come propria una piccola comunità multietnica e di tradizioni diverse. 

Il Circo Rinaldo Orfei, da qualche giorno a Cagliari, in via San Paolo, è tutto questo. Con l’aggiunta del Dna di due famiglie del settore, i Martini e gli Orfei appunto, che anni fa hanno stretto un patto che permette a entrambi di lavorare in giro per l’Italia senza particolari affanni: «Noi mettiamo le strutture, loro la logistica», racconta Taylor Martini, che a 34 anni si definisce con fierezza uno dei direttori di circo più giovani sulla piazza. «Non è facile, ai tempi d’oggi, mandare avanti una comunità così variegata, con persone spesso di nazionalità diversa, che devono stare assieme anche negli spostamenti da una città all’altra». Per tutto l’anno: «Escluso a giugno, quando torniamo a casa per un mese».

Italiani, francesi, tedeschi, venezuelani, indiani. Nel complesso lavorano nel circo 40 professionalità diverse, tra acrobati, attori, registi, atleti, operai, addetti agli animali. «Siamo una piccola città itinerante». 

L’arrivo del circo, come ogni anno, ha suscitato la protesta degli animalisti. Martini storce il naso: «I nostri animali, tre elefanti e i pappagalli, sono tenuti in stato di ottima salute, come certificano Corpo forestale dello Stato, Asl e tutti gli enti competenti in ogni città dove facciamo gli spettacoli. Chi sostiene il contrario venga a stare da noi per un mese».

A rinforzare il concetto arrivano le parole di Jacky Gartner, figlio di Joseph, discendente di una famiglia circense tedesca con influenze francesi e italiane, che ora lavora con il Circo Rinaldo Orfei. Nella tenda degli elefanti, che chiama rigorosamente per nome, ricorda, abbracciato alla proboscide di uno di loro: «Stavo qui, in questo stesso punto, appena sono nato», ricorda. «Si può dire che sono cresciuto con questi elefanti».

Pachidermi e i pappagalli sono parte del grande spettacolo che, fino al 15 gennaio, verrà proposto dal circo Rinaldo Orfei. «Sono senz’altro un’attrazione, ma non l’unica». Ci saranno anche i motociclisti e gli acrobati alla Ruota della morte, per un’offerta “tradizionale” che avrà il culmine la notte di Capodanno, con il veglione e uno spettacolo speciale.

Protagonista principe della ruota della morte è un ragazzo venezuelano, nome d’arte Javier, che sale e scende da una ruota che gira continuamente muovendosi verso l’alto: «Bisogna stare concentrati sempre, perché è un attimo ritrovarsi per terra. Serve allenamento e molta concentrazione per salire sulla ruota».

In altri tempi i circensi erano star: «Fellini chiamava per i suoi film Nando e Moira Orfei», argomenta Martini. «Quest’ultima poi ebbe diverse collaborazioni con programmi televisivi di successo. Oggi la propaganda animalista negativa non ci aiuta, ma continuiamo a vivere di circo e vogliamo continuare a farlo a lungo».

Le luci si spengono, la ruota smette di girare. La platea da 1.200 posti – allestita dentro il tendone di via San Paolo –  è pronta ad accogliere gli spettatori, in vista del prossimo spettacolo. Sarà così, in via San Paolo, fino a metà gennaio: «Poi saremo a Pisa», chiude Martini. «Per il futuro fate in modo di intervenire sui costi di trasporto da e per la Penisola: stanno diventando davvero proibitivi».

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