Comunicavano attraverso cellulari privi di connessione, da usare a mo’ di citofono. Ma è stato proprio questo accorgimento per non essere intercettati a portare all’identificazione e agli arresti, eseguiti questa mattina,  dei componenti del commando di sardi che il 28 marzo scorso ha messo a segno l’assalto ai portavalori sull’Aurelia, a San Vincenzo, in Toscana. 

Il particolare è emerso durante la conferenza stampa sulla maxi operazione, coordinata dal procuratore di Livorno, Maurizio Agnello, con le indagini condotte dalla sostituta Ezia Mancusi e operate sul campo dai carabinieri del  comando provinciale di Livorno guidati da Piercarmine Sante Sica e dai colleghi del comando provinciale di Nuoro. 

Dodici gli indagati, 11 le misure cautelari in carcere eseguite: otto contro uomini che hanno partecipato direttamente all’assalto e tre nei confronti di complici che hanno contribuito alla logistica del colpo che aveva fruttato circa tre milioni di euro. 

QUI TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI

I dispositivi usati per le comunicazioni tra i rapinatori dialogavano solo tra loro: venivano accesi solo alla bisogna, in momenti concordati. Due telefoni sono stati trovati durante una perquisizione effettuata poche ore dopo il blitz. Gli inquirenti da subito avevano imboccato la “pista sarda” grazie ai video che avevano ripreso l’assalto, registrato da alcuni testimoni che il procuratore Agnello ha definito «quasi incoscienti», ma fondamentali per le indagini «e per questo li ringrazio». 

Gli apparecchi sono stati trovati in un casolare nelle campagne di Pisa. C’erano anche dei pizzini con dei numeri di telefono. Da qui è partita la ricostruzione della rete criminale smantellata questa mattina. 

È emerso che i preparativi del colpo fossero iniziati a settembre del 2024, con il furto delle auto e degli altri mezzi che sarebbero stati usati per bloccare i blindati e per la fuga. 

Durante le perquisizioni è stato trovato anche esplosivo militare, di tipo C4. E sono stati anche recuperati ingenti quantitativi di denaro. 

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