Sono in tre, sardi, con un’estensione che va dall’Asinara agli isolotti di Mortorio, Soffi e Nibani, dal mare prospiciente il Comune di Porto Torres, passando per Santa Teresa Gallura, fino a La Maddalena con tutte le sue isole, anche le più piccole e lontane.  

E fanno parte del network Pelagos. Sono il Parco Nazionale dell’Asinara, l’Area Marina Protetta di Capo Testa-Punta Falcone, il Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena che, insieme ad altri 9 partner, AMP Portofino, AMP Isola di Bergeggi, AMP Cinque Terre, AMP Secche della Meloria, Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Area di Tutela Marina di Capo Mortola, Università di Pavia, Nauta srl e Menkab si impegnano, col Pelagos, in un progetto volto a comprendere gli effetti di tali cambiamenti sulle abitudini dei mammiferi marini che frequentando le zone più costiere, per far sì che il loro ruolo sia quello di sentinelle del cambiamento climatico, diventano “attori chiave” nel monitoraggio acustico delle specie del Santuario.

L’attività prevede infatti il posizionamento di stazioni fisse di monitoraggio, sia per la temperatura dell’acqua sia per l’ascolto dei cetacei attraverso idrofoni, che permettano di iniziare a comprendere gli effetti dell’innalzamento della temperatura sui cetacei e l’impatto del rumore sugli stessi.  Per quanto riguarda poi l’importanza delle balene, è presto detta: una grande balena, sostengono nel comunicato stampa al quale si fa riferimento, l’AMP Portofino, Claps e Iniziative Pelagos, assorbe in media fino a 33 tonnellate di CO2, ciò contrasta l’aumento delle temperature globali, con un valore medio stimato, in termini di servizi ecosistemici, pari a 2 milioni di dollari.

Ma si parla anche di “effetto fertilizzante” delle balene, in quanto, dopo essersi nutrite in profondità, ritornano in superficie ridistribuendo sostanza organica (nutrienti come ferro e azoto) alla base della produzione primaria.

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