Sono passati 250 anni da quando don Giacomo Mossa arrivò nell’isola di Maddalena. Subentrava, nel 1773, a don Virgilio Mannu, parroco della giovanissima comunità (fondata nel 1767) e dell’altrettanto giovanissima parrocchia di Santa Maria Maddalena (istituita nel 1768). Nell’isola il parroco Mossa (che fu anche regio cappellano della guarnigione militare) rimase per 26 anni, fino al 1799. Fu quello un periodo importante per la comunità isolana, da poco annessa allo Stato Sabaudo, anni che videro la popolazione passare dagli originari 185 abitanti del 1767 agli oltre 800 della fine del secolo, il suo progressivo spostamento verso il mare, il consolidarsi della guarnigione militare con la costruzione di alcune fortezze, l’edificazione della nuova chiesa parrocchiale a Cala Gavetta, vicina al mare, dopo quella costruita sul Colle Piano (attuale SS.Trinità), il tentativo di occupazione da parte delle truppe rivoluzionarie Franco-corse (1793) con Napoleone Bonaparte, la progressiva trasformazione da una economia agro-pastorale ad un’altra fondata sulla pesca, sul servizio sulle Regie navi militari, sul piccolo cabotaggio (e contrabbando), sui commerci ed altre piccole attività che oggi chiamiamo terziarie.

Non sappiamo quanti anni avesse Giacomo Mossa quando giunse a Maddalena, né di dove fosse originario. Probabilmente era di età matura, ed essendo la chiesa parrocchiale al centro dell’isola, su un altopiano (dov’è oggi la chiesa della Ss. Trinità), da quelle parti inizialmente dovette abitare. Certo è comunque che fu lui a dover prendere atto, dopo pochi anni dal suo arrivo, dell’esigenza di dover celebrar Messa non solo nella chiesa del Colle Piano dove ormai risiedevano pochi abitanti ma anche nella zona marina di Cala Gavetta, dove non solo si stava consolidando la presenza militare ma anche concentrando la popolazione. Fu lui, nel 1782 a celebrar Messa nella nuova chiesa “alla marina” costruita più o meno dove sorge l’attuale. Fu lui a chiedere ed ottenere, nel 1793 dal vescovo di Ampurias e Tempio, considerata ormai l’importanza assunta dalla nuova chiesa, la “promozione” di questa a parrocchiale col titolo di Santa Maria Maddalena ed il “declassamento” dell’altra, rinominata della “SS.Trinità”.

Fu don Giacomo Mossa, nel febbraio del 1793, a raccogliere nottetempo, nella nuova chiesa, su un drappo da combattimento dipinto frettolosamente - raffigurante la patrona, Santa Maria Maddalena, posta ai piedi del Crocifisso, in atto di protezione nei confronti dell’isola, con la scritta, “Per Dio e per il Re, Vincere o Morire” - il solenne giuramento di resistenza al nemico da parte dei capi famiglia isolani. In quei giorni, don Giacomo Mossa, oltre a pregare, confessare i combattenti e celebrar Messa, si prodigò nell’assisterli e nell’incoraggiarli. A galvanizzare i difensori, sia sull’efficacia della resistenza sia sulle “protezioni celesti” invocate, contribuì probabilmente l’episodio di una bomba che, sfondando il tetto della chiesa, rotolò senza esplodere ai piedi dell’altare. Si gridò al miracolo. Successivamente si appurò che la bomba (sparata da Santo Stefano, pare dallo stesso Napoleone Bonaparte) fosse scarica. Sul momento, tuttavia, al miracolo si credette, eccome, per benefica intercessione della Santa patrona; e, in quel momento sicuramente, né il parroco Mossa né i comandanti militari, si dovettero preoccupare più di tanto nel ridimensionare l’accaduto. Tanto quella palla di cannone inesplosa non fu successivamente ritenuta “reliquia” che solo alcuni anni dopo fu addirittura venduta.

A succedere a Giacomo Mossa, nel 1799, fu don Antonio Biancareddu. Se Mossa ebbe a che fare con Napoleone, Biancareddu a sua volta ne ebbe con Nelson. I grandi della storia, in quegli anni, incrociavano infatti nell’arcipelago maddalenino.

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