Nei giorni scorsi gli indagati hanno ricevuto la notifica dell'avviso di proroga delle indagini concessa dal giudice per le indagini preliminari e la notizia si è diffusa immediatamente, non i particolari però.

Si è saputo comunque che sarebbero almeno una ventina i dipendenti dell'Ersu di Cagliari coinvolti nell'indagine, il reato contestato sarebbe lo stesso per tutti: truffa ai danni dell'Ente regionale per il diritto allo studio universitario.

Secondo quanto si è appreso, al vaglio della polizia giudiziaria, coordinata dalla magistratura, ci sarebbero i movimenti degli impiegati in ingresso ed in uscita dagli uffici dell'Ersu, in particolare quelli che lavorano nella sede amministrativa del corso Vittorio Emanuele.

I fatti al centro della vicenda non sarebbero recenti ma risalirebbero agli anni 2008 e 2009. Contattata per un commento sull'indagine, la presidente dell'Ersu Daniela Noli ha spiegato di non avere avuto «alcun atto o documento ufficiale che attesti la notizia. La sto apprendendo ora».

Nonostante siano passati almeno sei mesi dall'avvio delle indagini sembra che ancora non siano stati effettuati gli accertamenti principali: non sono stati controllati i cartellini, non è stato neppure verificato se i dipendenti sorpresi dai carabinieri fuori dall'ufficio fossero usciti per motivi di lavoro o con un regolare permesso. In ogni caso, anche gli impiegati che sono stati trovati al bar difficilmente solo per quel motivo potranno rispondere di truffa ai danni dell'Ersu. Questo è quel che si intuisce dalle poche frasi pronunciate ieri da un investigatore che si occupa del caso.

L'indagine, insomma, è agli inizi e prima di sapere se davvero i dipendenti dell'Ersu abbiano commesso qualche reato bisognerà aspettare l'esito di tutti gli accertamenti.

L'inchiesta è stata avviata due anni fa dopo un controllo di routine dei carabinieri negli uffici pubblici: al termine della verifica i militari hanno segnalato alla Procura della Repubblica tutti gli impiegati che sono usciti dagli uffici durante l'orario di lavoro. A quel punto il magistrato ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di truffa (tutto da provare) e ha iscritto i dipendenti sul registro degli indagati in modo da poter effettuare tutti gli accertamenti.
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