​​​​​​Più che una sentenza è una pietra tombale. Scritta con la chirurgia del diritto e stampata negli annali della giurisprudenza con il maglio pesante di una clava senza ritorno. Con una velocità da primato il Tar Sardegna non ha perso tempo per decretare la fine di quell’interminabile carovana di rifiuti che negli ultimi anni ha riempito le viscere della terra sarda e colmato colline intere di veleni “stranieri”, spediti nell’Isola dei Nuraghi da ogni angolo remoto della penisola.

Verdetto

Il verdetto ha la firma in calce del numero uno del Tribunale amministrativo della Sardegna, Dante D’Alessio, Presidente dai modi gentili e dalle decisioni senza retropensieri. Con lui, nel collegio giudicante di Piazza del Carmine, sede del tribunale degli affari amministrativi, ci sono Antonio Plaisant, giudice consigliere e Tito Aru, estensore della sentenza, colui che non lascia scampo ai signori delle discariche, riuniti in un improbabile conciliabolo davanti ai magistrati amministrativi. La decisione appena pubblicata nel protocollo giudiziario è una fucilata alle vane pretese dei colossi dei veleni da importare in Sardegna. La sintesi non ha bisogno di fronzoli: è illegittimo trasportare rifiuti dal Continente verso la Sardegna perché si viola un principio fondante e inviolabile del diritto ambientale, quello della prossimità dei rifiuti e l’obbligo alla riduzione massima degli spostamenti dei veleni dai luoghi di produzione.

Tirso & Padania

Per tradurre in modo inequivocabile la sentenza non servono scorciatoie: considerare la Sardegna “prossimità” della Lombardia o del Lazio, della Campania o del Veneto, è come affermare che il fiume Tirso è contiguo alla Pianura Padana. Il risultato per i Giudici amministrativi è scolpito nel dispositivo finale: il ricorso presentato dalla Ecoserdiana, proprietaria di una delle discariche più grandi della Sardegna, e sostenuta “ad adiuvandum” dalla socia Riverso S.p.A., proprietaria dalla collina dei veleni tra Carbonia e Gonnesa, “va respinto”. I Giudici, in realtà, hanno anche suggerito, con il garbo del diritto, che fosse meglio per gli “attori” del ricorso lasciar perdere, e far decadere il ricorso per cessazione d’interesse. I signori di Ecoserdiana, invece, sostenuti dalla potente famiglia dei Colucci, proprietari della Riverso, volevano a tutti i costi un pronunciamento da parte dei magistrati amministrativi. L’hanno avuto in tempi record: respinto. L’oggetto del contendere del resto non era una partita di poco conto. La Regione Sarda, con un proprio atto, aveva approvato l’ampliamento della discarica che si staglia tra Su Siccesu e S’Arenaxiu, nell’agro di Serdiana, nel cuore del Parteolla. Approvazione con una postilla tagliente come un patibolo: è vietato conferire nella discarica rifiuti di provenienza extraregionale, ovvero niente veleni dalle altre Regioni italiane.

Stop alla slot machine

Per la slot machine dei rifiuti significava eliminare dal circuito un flusso interminabile e inspiegabile di ogni genere di veleni spediti nella terra degli ulivi per essere interrati senza troppi preliminari. In sostanza un flusso di denaro impressionante che stava trasformando la Sardegna in una vera e propria Fort Knox di veleni, spediti impunemente nell’Isola via nave, da nord, centro e sud Italia. Il ricorso dei signori di Ecoserdiana & C., al Tribunale di Piazza del Carmine, non si è fatto attendere.

Volevano annullare tutto

Secondo i proprietari della ciclopica discarica di Serdiana non solo bisognava annullare la nota dell’assessorato regionale dell’Ambiente con la quale veniva negata l’autorizzazione al trasporto in Sardegna di rifiuti provenienti da altre Regioni, ma anche rendere inefficace la delibera della Giunta regionale con la quale nel dicembre del 2012 era stato approvato il Piano regionale dei rifiuti speciali. Insomma, i signori delle discariche puntavano a fare piazza pulita di tutte le norme e le disposizioni che si contrapponevano allo sbarco nell’Isola dei veleni del Continente. Ad affiancare Ecoserdiana nella contesa giudiziaria della vita, quella delle discariche, scende in campo persino la Riverso S.p.A., la società dei Colucci che già nel passato ha tentato di mettere le mani sulla stessa discarica di Serdiana, con tanto di proposta di compravendita, con cifre milionarie e smanie di monopolio.

Fratelli coltelli

Tra i due, secondo i rumors, non corre buon sangue, nonostante siano reciprocamente soci, con l’uno per cento, delle rispettive colline dei veleni. Fratelli coltelli, ma uniti sino all’estremo quando c’è da difendere quel flusso di denaro proveniente dai potenti dei rifiuti che dal resto d’Italia scaraventano in Sardegna una carovana di veleni. Riverso capisce perfettamente che il pronunciamento dei giudici del Tar su Ecoserdiana può essere la mazzata finale per fermare anche quella valanga di rifiuti pericolosi che, negli ultimi tre anni, ha riempito le casse della Colucci family. Il giocattolo, però, si è rotto anticipatamente, con il tracollo “assicurativo” della montagna di rifiuti tra Gonnesa e Carbonia.

Volevano un milione

Hanno, però, fatto male i calcoli. Riverso SpA., aggregandosi al ricorso, e Ecoserdiana a chiedere persino un milione di danni alla Regione. E’ stata quella richiesta di denaro ad inchiodare i signori dei rifiuti. Un azzardo che non ha lasciato indifferenti i legali della Regione, Mattia Pani e Andrea Sechi, che hanno chiesto, senza tentennamenti, il pronunciamento dei giudici, senza ulteriori rinvii, proprio per sancire in modo inequivocabile il principio della “prossimita” che deve regolare la delicata materia dei rifiuti. Ecoserdiana del resto aveva già presentato una nuova istanza alla Regione per tentare di usufruire di un possibile allentamento di quel principio cardine.

Colpo finale

Niente da fare, prima la Regione, e poi i Giudici, hanno inferto il colpo finale. Il Servizio Tutela dell’Atmosfera e del Territorio dell’Assessorato regionale dell’Ambiente ha chiuso le porte, sia per la prima che per la seconda istanza: «L’indeterminatezza della provenienza dei rifiuti destinati a smaltimento contrasta in modo evidente con i principi di autosufficienza e prossimità che sono alla base della normativa di settore e con gli obiettivi del Piano Regionale di gestione dei rifiuti speciali vigente e dell’aggiornamento dello stesso in corso di redazione da parte di questo servizio…».

Niente prossimità

In pratica, per la Sardegna, non esiste la “prossimità” con altre Regioni visto che si tratta di un’Isola in mezzo al Mediterraneo, per giunta, di fatto, ultraperiferica. Un’impostazione che la Regione ha ribadito, secondo quanto ha affermato davanti ai giudici, sia per il passato che per il futuro, visto il richiamo esplicito all’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti. Ecoserdiana e Riverso, visto il quadro normativo e pianificatorio non favorevole, potevano rinunciare alla decisione del Tar, invece, hanno chiesto ai Giudici di decidere, lasciando in piedi la richiesta di almeno un milione di euro di danni, salvo ulteriori valutazioni, rivolta alla Regione, “colpevole”, secondo la ricorrente, di aver bloccato l’arrivo dei rifiuti extraregionali.

La mossa sbagliata

E’ stata quella la mossa che ha indotto i Giudici a decidere, senza limitarsi ad una sopravvenuta carenza d’interesse. Sono i giudici a scriverlo: «Permane invece l’interesse della ricorrente (Ecoserdiana) alla decisione della controversia in relazione alla domanda risarcitoria da essa proposta per essere stata costretta a rifiutare, a suo avviso, a causa delle contestate limitazioni, molteplici proposte di collaborazione avanzate da alcuni operatori economici aventi sede in territori extra-regione. La ricorrente lamenta infatti di aver subito un danno quantificabile nell’importo di euro 1.000.000,00, o in quello, minore o maggiore, da accertarsi in corso di causa ».

Senza appello

E’ qui che la sentenza si consuma in un diniego senza appello: il Consiglio di Stato, ricordano e condividono i Giudici di Cagliari, si è recentemente pronunciato, Sezione VI, sentenza n. 5025 del 1° luglio 2021, con argomentazioni blindate che non lasciano spazio a interpretazioni. Secondo il Tar e il Consiglio di Stato, dal quadro normativo di riferimento «emerge in modo inequivoco come il cosiddetto criterio di prossimità valga anche per la gestione dei rifiuti speciali e non solo per quelli urbani come erroneamente prospettato da parte appellante (Ecoserdiana e Riverso)». E infine la pietra tombale con il richiamo della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2015 (causa C-653/13), che sentenzia: «Spetta a ciascuna regione, Comune o altro ente locale adottare le misure appropriate per garantire il ricevimento, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti e che questi ultimi vanno, quindi, smaltiti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto». Concludono i giudici del Tar: il ricorso è respinto. Per i rifiuti extraregionali la Sardegna è off-limits. Vietato portare i veleni dalle altre Regioni.

© Riproduzione riservata