Il tema del futuro dei Giovani, oltre alle note questioni sarde – dipendenza economica e povertà diffusa, lavoro e sviluppo, compromissione paesaggistica, inquinamento ambientale – è emerso spesso durante la presentazione, in varie parti dell’Isola, del libro Buongiorno SarDegna.

È un nervo scoperto che merita di essere trattato mettendo a nudo la realtà, spesso nascosta dietro roboanti promesse elettorali. Promesse di un futuro radioso ma solo a chiacchiere. Tanto, seguiranno come al solito marketing politico e abilità oratorie per giustificare le promesse mancate dei bravi solo in orale. 

Diciamoci dunque la verità, a cominciare dall’influenza della famiglia sulle scelte dei Giovani.

Dice la mamma agli amatissimi figli: filla mia, fillu miu, cicaisì unu postixeddu siguru!, intendendo un posto di lavoro nel pubblico o in una grande e florida azienda privata.

È lo sconfinato amore materno che induce a preoccuparsi di assicurare loro un’esistenza protetta, al riparo da incertezze e precarietà vissute in un passato nemmeno troppo remoto, quando la povertà significava minestrone come primo, secondo e pure contorno, e carne solo la domenica e per le feste comandate. Sofferenza, privazioni, angoscia di non riuscire a garantire crescita e istruzione adeguate ai propri figli hanno segnato la vita di gran parte delle nostre mamme, votate a desiderare per loro un futuro migliore del proprio passato. Il posto fisso, confortante e protettivo, garanzia di reddito sicuro, è stato ed è ancora argomento ricorrente in molte famiglie.

La paura dei rischi

Le mamme hanno avuto ragione, ma non sempre. Talvolta, anziché assecondare le attitudini dei figli, più propensi a sperimentare l’intraprendenza, hanno preferito incoraggiarli a inseguire la sicurezza a scapito dell’esplorazione dell’ignoto, fonte di rischi, certo, ma anche di notevoli opportunità.

Il sistema economico locale non ha aiutato, e non aiuta, carente nel creare le condizioni perché i Giovani figli delle mamme sarde possano esprimere appieno le proprie potenzialità. Infatti, non pochi di loro sono indifesi e smarriti davanti all’incapacità del sistema Sardegna di offrire opportunità per realizzare i propri sogni di vita senza essere costretti a emigrare.

Non è un caso che negli ultimi anni decine di migliaia di giovani abbiano preferito lasciare, a malincuore, casa, affetti e amici, in cerca di opportunità migliori per studio o lavoro. Emigrazione di talenti, spesso, e non più di braccia, fenomeno storicamente doloroso vissuto da quasi tutte le famiglie sarde.

D’altra parte come dar torto a chi parte: il reddito pro capite isolano è all’incirca la metà di quello lombardo, luogo di approdo per molti, la cui florida economia è attrattiva per chiunque desideri dare gambe ai propri sogni.

Eredità pesante

Nonostante nella nostra Isola non manchino risorse umane di qualità e cospicui finanziamenti nazionali e comunitari, i Giovani sono soli nell’affrontare la vita, avendo ereditato dalle precedenti generazioni ben poco su cui costruirsi un futuro. Soli, per i pochi posticini fissi disponibili nella pubblica amministrazione: sono già in troppi. Soli, per l’ostilità della burocrazia verso le imprese soprattutto locali: non riescono a crescere, quando non vengono schiantate già sul nascere. Soli, per l’inquinamento di enormi porzioni di territorio: dovranno fare attenzione a dove mettere i piedi. Soli, per la devastazione paesaggistica in corso, con schiere di pale eoliche a terra e a mare e distese di pannelli fotovoltaici da spalmare su campagne fertili: se verranno approvati i progetti presentati, se ne andrà anche l’ultima, preziosa risorsa di uso collettivo come il paesaggio.

Modelli fallimentari

Soli, per la persistenza della dipendenza economica dall’esterno, essendo stato dilapidato un ricco patrimonio di imprese pubbliche, para-pubbliche e non poche private, costruito con fatica in decenni: dovranno bussare fuori dall’Isola per ottenere un prestito; implorare per un biglietto d’aereo o di nave a orari e tariffe decenti; sperare nella benevolenza degli aspiranti monopolisti aeroportuali per entrare o uscire dalla Sardegna. Soli, per il fallimento di un modello di sviluppo fittizio basato su grandi industrie di base, le quali, dopo aver goduto di consistenti contributi pubblici e devastato enormi porzioni di territorio, battono in ritirata ed espellono manodopera quando si inceppa il giochino del ricatto occupazionale: anche da lì, zero reddito. Quel mondo non rifiorirà.

Occasioni perdute

In settant’anni di Autonomia, con ingenti risorse profuse in un contesto di miracolosa crescita economica, l’Isola ha perso gli appuntamenti con la Storia: ha trascurato - per superficialità, incompetenza e assuefazione alla sudditanza economica e politica - di cogliere le opportunità, che pure c’erano, di creare ricchezza collettiva e diffondere benessere.

Ma, c’è un ma.

I Giovani di oggi possono, e devono, reagire.

Contando sulle proprie forze dovranno arrangiarsi, e si arrangeranno, se vincitori, perché non hanno nulla da aspettarsi da gente in gran parte interessata a sistemare sé stessa. Dovranno affrontare la vita in solitudine, senza che nessuno abbia avuto finora il coraggio di dire loro la verità.

Credere nel riscatto

Si assumano la responsabilità delle proprie vite senza attendere aiuti o promesse ma decidano di fare da sé, consapevoli che ai diritti sempre si accompagnano i doveri: trasformando difficoltà in opportunità e rassegnazione in reazione; pessimismo in ottimismo e apatia in dinamismo; lentezza in velocità e indolenza e pigrizia in laboriosità. Si assumano la responsabilità di sé e dei propri discendenti, e prendano in mano le sorti della Sardegna, la Casa delle proprie Famiglie. Saranno sorpresi dei risultati.

L’arma della motivazione

Vivere nella condizione di meri esecutori, in cui tutto sia pensato, progettato e realizzato da altri, inibisce la pulsione a competere e comprime capacità e potenzialità nel lavoro come nelle arti, mentre i risultati migliori, frutto di abilità e laboriosità, si ottengono anche nell’incertezza dell’esito, se continuamente motivati a migliorarsi.

La voglia di farcela

È lo spirito competitivo di individuo, impresa, comunità che fa la differenza in un mondo nel quale tutti si sforzano di conquistare posizioni più avanzate. È la spinta a migliorare la propria condizione che libera sorprendenti potenzialità, per affrancarsi dal bisogno e dall’assuefazione alla dipendenza. E, pur senza la pretesa di indicare a chicchessia la strada giusta, essendo sempre e solo studenti, tre cose possono cominciare a fare i Giovani, Giovani di testa e di cuore, oggi: sognare, studiare, competere.

In particolare i figli di operai, cassintegrati, disoccupati o di quelli che hanno conosciuto difficoltà e povertà: i Giovani che hanno voglia di riscatto e volontà di vincere.

I Giovani Vincitori.

Sergio Zuncheddu

Editore

L’Unione Sarda

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