I contratti sono blindati. Gli affari chiusi in casseforti inaccessibili. La lobby potente dei rifiuti pericolosi non parla. Il silenzio è la miglior difesa, spifferano i veterani dei veleni. I signori delle discariche, colletti bianchi e braccia ovunque, fanno bene a tacere. Le domande sarebbero senza appello. Una su tutte: per quale motivo i rifiuti pericolosi del nord e centro Italia percorrono centinaia e centinaia di chilometri su autostrade e sulle vie del mare per poi sbarcare in terra sarda? Le carte del grande business dei rifiuti pericolosi e speciali sono vietate ai più. Inutile chiedere l'analisi dei costi e dei benefici. Gli uffici della Regione ci hanno provato.

Affari nostri

La risposta è stata serrata: sono affari privati. L'argomentazione è da roba nostra: i contratti tra società non riguardano la pubblica amministrazione. Peccato, sarebbe stato utile capire le ragioni che hanno indotto Rosettano Navarra, uno dei due fratelli della Navarra S.p.A., a spedire in Sardegna, tra il 2017 e il 2020, una valanga di veleni da seppellire, senza troppi complimenti, nella discarica tra Gonnesa e Carbonia. Personaggio ecclettico, ambizioso, scalatore societario seriale, nel mondo dei rifiuti mister Navarra non conosce confini. Dove ha messo radici con l'immondezza, vedi Livorno, non disdegna spandere "panem e circenses", che di questi tempi significa calcio e calciatori.

Calcio & rifiuti

Peccato che l'ultimo slancio benefico, a settembre dello scorso anno, non sia stato alla pari degli affari con i rifiuti. In quattro e quattr'otto ha scalato la squadra del Livorno Calcio. Con un 21% di quote è diventato presidente, con il via libera di una banca. Un mese dopo annuncia: porto i libri in Tribunale. Se i conti del pallone hanno segnato un clamoroso autogol, gli affari dei rifiuti rischiano di metterlo fuorigioco. Non ci vuole uno scienziato della contabilità per svelare i conti in tasca della famiglia Navarra nell'operazione Sardinia Island. Quei viaggi maledetti di veleni spediti in Sardegna non sono un mistero, tracciati dalla "confessione" messa nero su bianco dalla Riverso S.p.A, la società della famiglia Colucci. La sola Navarra S.p.A, dal 2017 ad oggi, ha spedito in Sardegna una ciclopica montagna di 186.226 tonnellate di rifiuti pericolosi. Una escalation senza tregua.

Il primato di Navarra

Dalle 4.866 tonnellate del 2017 alle 61.939 del 2018 il passo è breve. Nel 2019 sono 81.436 e 37.985 nei primi cinque mesi del 2020. Degli undicimila camion di rifiuti pericolosi spediti dal 2017 ad oggi nella discarica di Monte Onixeddu, la Navarra family ne ha inviati da sola ben 7.449. La domanda è un martello pneumatico: chi glielo fa fare al colosso della Navarra a spendere una media di 1.500 euro a camion per spedire in Sardegna quei rifiuti?

Chi paga il trasporto?

E questi oneri così esorbitanti chi li sostiene se, come hanno dichiarato più volte, si tratta di rifiuti legati a opere pubbliche e a grandi società di Stato? Trasportare un rimorchio carico di veleni, solo andata da un porto tirrenico verso la Sardegna, costa non meno di 400 euro. Ipotizzando che quei camion non ripartano pieni, significa che occorre aggiungere i costi del ritorno, che portano il costo della sola attraversata via mare a 800 euro per rimorchio.

Sei milioni in traghetti

Tradotto significa che la Navarra S.p.A ha dovuto sborsare quasi sei milioni di euro solo per il trasporto via mare di quei rifiuti velenosi. A questo si deve aggiungere il costo di trasporto su strada, ipotizzato in 1,10 euro a chilometro. L'imbarco a Civitavecchia, Livorno o Genova fa la differenza, non meno di altri 700 euro di media per ogni rimorchio trasportato. A questi oneri, aggiuntivi rispetto a qualsiasi altra soluzione continentale, vanno sommati i compensi della Riverso per la mesta sepoltura in discarica di quella maledizione divina di veleni. I conti sono blindati. Sino a quando non si trova il codice di accesso. Nelle relazioni interne un passaggio rivela la "filosofia".

L'affare sociale

La Riverso dichiara esplicitamente che i nuovi due "piani" della discarica consentiranno alla società di risparmiare nell'acquisizione di nuove aree, nella realizzazione di nuove infrastrutture viarie, fatti salvi i nuovi argini con il chiaro obiettivo, scrivono, «di contenere i costi unitari di investimento con conseguenti ricadute sul costo di conferimento». La sintesi: costruiamo due nuovi anelli della discarica per far pagare di meno Navarra e company. E per non smentirsi parlano apertamente di «vantaggio economico di carattere sociale».

Niente Fatebenefratelli

In realtà l'operazione ha due soli beneficiari: i signori dei veleni che spediscono in Sardegna i rifiuti pericolosi del nord e centro Italia e la famiglia Colucci che non risulta ancora iscritta all'associazione "Fatebenefratelli". Certo, gli affari sono segreti. Roba per loro. I conti, però, se sbobini i bilanci delle società, fanno saltare per aria il pallottoliere dei ricavi. Se la potentissima banca dati del Cerved ha messo in fila i numeri corretti, la Riverso in questi tre ultimi anni non ha guadagnato, ha sbancato. Nel 2017 i ricavi sono stati, quelli dichiarati, di 3 milioni e 720 mila euro. Ancora non arrivavano i rifiuti pericolosi dallo Stivale, fatto salvo l'ultimo mese dell'anno. Dal 2018 i conti hanno spiccato il volo, come se la slot machine dei rifiuti si fosse incantata nella fase di elargizione delle monete, quella più rumorosa. I conti segnano ricavi per la bellezza di 10 milioni e 332 mila euro.

Bingo dei rifiuti

Se la matematica non è un'opinione, si tratta di un incremento del più 177,74 % rispetto all'anno precedente. Una valanga di denari, direttamente proporzionale alla montagna di veleni scaricati nella discarica di Serra Scirieddus. L'ingordigia dei signori dei veleni non si è fermata nel 2019. Un ulteriore balzo in avanti dei ricavi che sfondano il muro dei 13 milioni. Un incremento pari al 26,79% che porta i ricavi, in appena due anni, al più 204% sul 2017. Sin qui i dati di fatto: i costi di Navarra & soci e i guadagni, cospicui, della Colucci Family. Un fatto è acquisito: il patron della Riverso non ama "sotterrare" in perdita. Resta l'incognita per la quale ben 8 società "italiane" hanno scelto di spedire quei rimorchi carichi di veleni nel profondo Sulcis, pagando ben 17 milioni di trasporti aggiuntivi, terra e mare. Navarra, nella lettera di sponsorizzazione della Riverso, lo dice esplicitamente: «valutiamo le eventuali differenze tra le tariffe praticate in Sardegna e quelle in vigore nelle regioni di provenienza o in quelle contermini».

Sardegna a basso costo

Come per dire, nell'Isola dei Nuraghi si spende molto meno della regione affianco a quella di partenza dei veleni. Insomma, Colucci guadagna e non poco, ma non disdegna la concorrenza con saldi perenni sulla terra di Sardegna. I signori dei veleni, però, hanno mal di testa. Le inchieste dell'Antimafia sui rifiuti, in particolar modo quelli pericolosi, stanno facendo il giro d'Italia. E tra arresti e indagati, operazioni di sequestri su larga scala emergono nomi e società che in questi ultimi tre anni hanno trasferito i propri rifiuti proprio in Sardegna.

Il trucco pericoloso

Sono i Procuratori e l'Antimafia a spiegare i meccanismi della gestione dei rifiuti pericolosi nelle inchieste aperte nel nord e centro Italia: «l'illecito spesso è nella trasformazione dei "rifiuti pericolosi" in "non pericolosi", per evidenti motivi di risparmio». L'ultimo blitz in ordine di tempo dei Noe e dell'Antimafia è contrassegnata come "operazione Maschera". A ferro e fuoco sono finite le società legate al mondo dei rifiuti di mezza Italia, comprese quelle che conferiscono a caro prezzo nel Sulcis. Il circuito messo spalle al muro è tra Roma, Latina e Frosinone. Il gioco era semplice: laboratori compiacenti trasformavano rifiuti pericolosi in "non pericolosi". Le procure hanno fatto terra bruciata. Del caso Riverso, dei veleni spediti e da spedire in Sardegna, invece, se ne parlerà, per adesso, solo nelle aule della giustizia amministrativa. A Serra Scirieddus, intanto, soffia vento forte e gelido.

Mauro Pili
© Riproduzione riservata