A ridosso del prossimo impegno elettorale del 24 febbraio per il rinnovo del Consiglio regionale torna in auge il tema della condizione insulare sarda. È infatti notizia recente che il Comitato per l’Insularità ha voluto richiamare l’attenzione del presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato al fine di volerlo sollecitare a provvedere in ordine alla proposta di legge presentata il 5 ottobre ultimo scorso volta all’introduzione del principio di insularità in Costituzione.

In buona sostanza si tratta di una proposta di legge di iniziativa popolare, caldeggiata da tutte le forze politiche, e preceduta dalla raccolta di circa centomila firme, finalizzata a far diventare il principio di insularità "un principio costituzionale in grado di certificare la volontà dello Stato di riconoscere le peculiarità della situazione delle sue isole" (Pierpaolo Vargiu).

Non v’è dubbio che si tratti di un tema scottante e per certi versi piuttosto complesso giacché le problematiche ad esso connesse si intrecciano direttamente con i grandi temi della coesione economica, sociale e territoriale. A titolo esemplificativo, e senza volermi addentrare nella specifica questione, che richiederebbe una assai lunga trattazione, si pensi all’annoso problema della continuità territoriale in Sardegna, la quale, nel corso degli anni, ha trovato soluzioni non sempre soddisfacenti comprimendo le esigenze e le legittime aspettative di chi viaggia da e per l’Isola.

A onor del vero, la stessa Costituzione del 1948, nel suo articolo 119, comma 3, conteneva un riferimento puntuale, poi definitivamente abbandonato nel 2001, alla condizione delle regioni insulari in quanto geograficamente svantaggiate e pertanto necessitanti di interventi straordinari.

L’essere Regione Insulare, infatti, costituiva di per sé, e costituisce a tutt’oggi, un fattore di squilibrio, tanto sul piano spaziale, siccome interamente circondata dal mare con tutto ciò che ne deriva sul piano degli scambi, del commercio e dei trasporti, quanto sul piano socio-culturale siccome fisicamente distaccata dal restante contesto territoriale nazionale con tutto ciò che ne consegue in termini di specialità e di tradizioni identitarie in tutto e per tutto differenti.

Tuttavia, la circostanza che il tema dell’insularità abbia progressivamente perso il suo rilievo costituzionale non deve suscitare, a mio parere, troppo allarmismo dal momento che l’Italia, come puntualmente osservato dal prof. emerito di Diritto Internazionale Paolo Fois, ha comunque riconosciuto il principio di insularità all’atto della ratifica dei Trattati Europei, le cui norme, secondo la Corte Costituzionale, prevalgono anche su quelle della stessa Costituzione.

Quindi, stando così le cose, non posso fare a meno di domandarmi se oggi la soluzione delle problematiche inerenti la nostra condizione insulare debba proprio passare attraverso l’inserimento di quel principio in Costituzione o se, invece, la stessa proposta di legge abbia solo una inutile (sul piano pratico) finalità elettorale.

Purtroppo temo si tratti soltanto di questo.

In primo luogo perché, come costantemente e opportunamente evidenziato da illustri studiosi sardi (prof. Andrea Pubusa) e di origine sarda (prof. Valerio Onida), le situazioni di svantaggio lamentate potevano e possono essere tranquillamente superate attraverso l’adozione di leggi ordinarie.

In secondo luogo, perché la Regione avrebbe piuttosto dovuto interloquire efficacemente con lo Stato centrale allo scopo di chiedere misure dirette a compensare gli svantaggi dell’insularità (come suggerito da Onida).

In terzo luogo perché, come evidenziato da altro studioso (giurista Fulvio Dettori), la stessa Regione avrebbe potuto avviare un confronto con il Governo centrale mediante le cosiddette norme di attuazione statutaria di modo tale da affrontare il tema della continuità territoriale e promuovere una revisione delle procedure inerenti i trasporti marittimi e aerei.

Infine, perché lo Statuto Sardo contiene già una norma, l’articolo 13, che permette di predisporre qualsivoglia misura di superamento degli svantaggi cagionati dalla condizione insulare (Tonino Dessì).

Sicché, se gli svantaggi derivanti dalla nostra condizione insulare avrebbero già potuto essere compensati perseguendo le vie testé indicate, allora, per un verso, appare davvero difficile credere nella necessarietà di un inserimento del principio di insularità in Costituzione, e per altro verso, ad emergere è piuttosto l’incapacità delle varie classi politiche succedutesi nel corso degli anni, le quali, all’evidenza, non sembra non abbiano saputo utilizzare gli strumenti a loro disposizione.

L’auspicio è che a prescindere dall’effettiva costituzionalizzazione del principio in discorso, la quale appare quanto mai inutile, all’indomani del 24 febbraio prossimo, il nuovo Consiglio Regionale sappia attivarsi e imporsi col Governo centrale per portare avanti una politica di sviluppo concreto che possa far resuscitare la nostra bella Isola portandola ai livelli di benessere e splendore che merita.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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