Taglio dei parlamentari? Effetti collaterali non desiderabili: di Luca Telese
Il taglio dei parlamentari abbatte dello 0,007 i costi in bilancio ma non quelli strutturaliHa senso il taglio dei parlamentari? Malgrado i sondaggi di queste ore ci dicano che questo provvedimento sarebbe gradito all'85% degli italiani, provo a spiegarvi perché la riforma non mi convince. E il primo motivo è che - contrariamente a ciò che appare - non si risparmiano costi, anzi, in proporzione si spende di più.
Immaginate infatti di essere proprietari di una bella Ferrari, fiammante e potente. L'avete pagata un'ira di Dio, sostenete un superbollo per un'auto di grande cilindrata, pagate ogni anno una super assicurazione e l'affitto di un garage, e anche i tagliandi sono molto cari. Accostate per un attimo, all'immagine della Ferrari, quella molto simile di un'altra fuoriserie, il nostro Parlamento: si tratta una macchina raffinata, costosa, potente. Bene, se per risparmiare dei costi qualcuno vi suggerisse di non fare il pieno, ma di riempire il serbatoio a metà, è vero che dal benzinaio spendereste meno. Ma è vero anche che i costi fissi resterebbero invariati: così, dividendo le spese per il numero di chilometri, il costo di percorrenza sarebbe più alto.
Ecco, tagliare i parlamentari, ha stimato Carlo Cottarelli, abbatte dello 0,007 le spese del bilancio del Parlamento ma nessuno dei suoi costi di struttura. Ieri Gian Antonio Stella ha ricordato sul Corriere della sera che un consigliere parlamentare può arrivare a costare 361mila euro più 63mila euro di costi previdenziali. La paga dei deputati, al confronto, sembra una mancetta. Ma andiamo agli altri effetti.
F atto in questi termini il taglio è un provvedimento con effetti collaterali, politici e istituzionali. Diminuisce la rappresentanza, sui territori e nella società. Aumenta la soglia dello sbarramento elettorale in modo immediato. Impone delle modifiche costituzionali che dovrebbero essere varate al più presto, se non si vuole correre il rischio di modificare alcuni equilibri parlamentari delicati (ad esempio nell'elezione del presidente della repubblica).
Ma allora perché il taglio è stato fatto subito, è tutto il resto è stato rimandato al futuro? Semplice. Per i Cinquestelle questa riforma è l'ultima bandiera identitaria rimasta, tra le tante abbandonate nel passaggio dal "partito del vaffa" di Beppe Grillo a quello governista di Luigi Di Maio. Mentre per il Pd, che in questi anni di iter parlamentare ha sempre votato contro, il taglio dei parlamentari è stato l'esca con cui prendere all'amo il M5s. Ecco perché bisogna spiegare agli elettori che risparmiare gli stipendi non necessariamente significa risparmiare denaro.
Un altro paradosso: se i criteri di rappresentanza nelle regionali fossero stati così restrittivi, il M5s non sarebbe potuto entrare nelle assemblee elettive all'inizio della sua ascesa, quando contava lo zerovirgola. Mentre i collegi molto ampi, determinati dal taglio, renderebbero gli eletti più distanti e difficili da raggiungere dagli elettori.
E poi la soglia di sbarramento: se resta questa legge salirebbe - ad esempio al Senato - a livelli elevati, tra il 10% e il 20%. Anche se la nuova legge elettorale
non la contenesse ci sarebbe di fatto per un motivo molto semplice: se dimezzo gli eletti, si raddoppia il numero dei voti che serve per arrivare ad un quorum.
Quanto all'elezione del Presidente: oggi le regioni esprimono il dieci per cento dell'assemblea che elegge l'inquilino del Quirinale. Dopo il taglio il loro peso specifico - che rimane invariato - verrebbe raddoppiato. Ecco perché serve una modifica costituzionale che riequilibri i pesi e i contrappesi.
Infine le conseguenze politiche: da un lato questa riforma ha l'effetto collaterale di stabilizzare il Parlamento e la legislatura, perché diventa molto difficile per il 50% dei parlamentari condannati a morte dalla statistica staccare la spina. Dall'altro peró produrrà una inevitabile campagna referendaria. Perché è evidente che dietro l'annuncio di Roberto Giachetti («farò campagna per il No») arriverà una analoga posizione di Matteo Renzi e del suo partito. E come è noto, quando si fanno i referendum in Italia (lo dimostra il dicembre 2016) malgrado i pronostici non si sa mai come va a finire. Buona fortuna.
Luca Telese
Giornalista e autore televisivo