«Non credevo di aver fatto nulla di straordinario, intendevo solo seguire ciò che aveva già deliberato il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas». Appunto. Infatti, il Consiglio di Stato e il Consiglio dei ministri gli hanno obiettato che era una questione di competenza territoriale che mai un sindaco avrebbe potuto imporre a chi proveniva dalla Penisola di scrivere sul sito di un Comune i suoi dati anagrafici e di spiegare le ragioni del viaggio.

Ma lui, Cateno De Luca, 48 anni, primo cittadino di Messina e moderno "Masaniello" di un Meridione sempre più martoriato, è di tutt'altro avviso. «Non credo di aver esagerato, anzi, ho ottemperato a una mancanza della Regione Sicilia. Anche il sindaco di Capri lo ha fatto e nessuno gli ha detto nulla».

Va bene, ma parliamo del rappresentante di un'isola che è un Comune: il suo Comune, per quanto importante, non è un'isola, quindi?

«Io ho deciso di muoversi solo dopo che sono trascorsi venti giorni di incontri, verbali, trattative con la Prefettura, la Capitaneria di porto e l'Autorità portuale con cui avevamo trovato l'accordo. Tutti erano concordi nell'introdurre un sistema preventivo per tutelare la Sicilia. Il 28 marzo gli atti sono stati trasmessi al ministro del Trasporti e non abbiamo saputo più nulla».

Cioè?

«Non c'è stata alcuna risposta mentre, nel frattempo, continuavano gli sbarchi indiscriminati al porto. Ci sono le denunce della Polizia di stato non del Masaniello siculo ad attestare quello che accadeva».

Significa che un controllo comunque c'è stato, non le pare?

«Ma che controlli... Stavamo registrando migliaia di arrivi in più al giorno, rispetto alle medie stagionali. Solo il 10 per cento si è autodenunciato sottoponendosi alla quarantena prevista, e gli altri? Capisce che la situazione non era sostenibile. Vorrei ricordare che stiamo parlando di circa 300 mila persone arrivate dal nord, dalle zone dei focolai».

Insomma, è stato praticamente spinto a muoversi.

«Questa è la conferma di quanto fosse necessario conoscere e verificare 48 ore prima fondatezza e contenuto della visita in Sicilia. Io non sono un rompiballe, io sono un uomo delle istituzioni, è la terza volta che faccio il sindaco in un Comune diverso, vorrà pur dire qualcosa, no? O sono davvero pazzo come qualcuno vuole dipingermi? La verità è che io odio le omissioni di Stato».

Cosa vuole dire?

«Io sono tutto d'un pezzo per cui mi si dice sì o no. Lo Stato avrebbe dovuto rispondermi anche sostenendo che io stessi facendo una cazzata. Ma non è il tempo dell'omissione, si rischia di fare danni e vittime. Voi in Sardegna siete stati bravi, ho letto l'ordinanza e io lì, in quella direzione, volevo che andasse anche la Sicilia».

Non dimentichi che Solinas è il presidente della Regione.

«Avevate lo stesso problema nostro, un'invasione eccessiva di "nordisti". Bisognava intervenire».

Scusi, ma perché non l'ha chiesto al presidente Musumeci?

«È la prima cosa che ho fatto. Gli ho spiegato come stavano le cose, quali rischi stavamo correndo, la posizione della Sardegna, pensavo di averlo convinto».

Invece?

«Sa che mi ha risposto?».

No, me lo dica lei.

«Non mi ha proprio risposto. Ha preso tempo, informandomi che gli serviva qualche giorno e che mi avrebbe fatto sapere. Io sono ancora qui che aspetto. Lo avevo immaginato, non è che avessi grandi speranze che la mia proposta venisse accolta».

Ma perché?

«Semplice, la proposta, l'idea era mia, non sua. E non ne avrebbe fatto nulla».

È stato accusato di vilipendio dal ministro dell'Interno per aver usato parole pesanti nei suoi confronti: abbassare i toni è possibile?

«Siamo governati da chi professava il "vaffa" per tutti e sono io ad alzare la voce. Io sono un portatore di idee non un politico. Sia chiaro».

Vito Fiori

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