Quarantena violata durante il Covid: per Cocco cade l’accusa di epidemia dolosa
Il primario cagliaritano, già coinvolto nell’inchiesta Monte Nuovo, andrà a processo per non aver rispettato le prescrizioni contro il virusPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il primario del reparto di medicina del dolore dell’ospedale Marino di Cagliari, Tomaso Cocco, è stato prosciolto dall’accusa di epidemia dolosa dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Roberto Cau. Il medico, già coinvolto nell’inchiesta Monte Nuovo su una presunta organizzazione mafiosa sarda, è stato invece mandato a giudizio per delle contravvenzioni contestate in violazione della norma che imponeva la quarantena durante l’emergenza Covid.
Il giudice ha anche rinviato gli atti alla procura, come chiesto dal pubblico ministero Rossana Allieri, per intralcio alla giustizia nei confronti di un testimone che ha deposto a favore del primario, difeso dagli avvocati Rosaria Manconi e Potito Flagella.
Tomaso Cocco era stato accusato dalla Procura di Cagliari di essere andato in giro durante la pandemia sapendo di essere positivo al virus, consentendone così consapevolmente la propagazione: da qui l’imputazione gravissima di epidemia dolosa che l’ordinamento punisce con la pena dell’ergastolo. Per questa contestazione il Gup Roberto Cau ha ritenuto che il fatto non sussista.
Solo in seguito si è scoperto che il primario della Terapia del dolore di Cagliari era invece sottoposto ad indagine dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo sardo per associazione mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta Monte Nuovo che ha ipotizzato una presunta associazione criminale della quale avrebbero fatto parte colletti bianchi ed esponenti della storica criminalità del Nuorese. A seguito di quella indagine, chiusa di recente, Tomaso Cocco è stato arrestato e tenuto alcuni mesi in custodia cautelare tra il carcere di Uta e quello di Palermo. Poi i domiciliari e la scarcerazione. Oggi per lui è arrivata la prima buona notizia con il proscioglimento dall’accusa pesantissima di epidemia dolosa e il rinvio a giudizio per le violazioni delle norme sulla quarantena anti-Covid: non dunque in Corte d’Assise, ma davanti al giudice monocratico.