Pretty Bay non è la spiaggia di Giorgino. Per scovarla bisogna inerpicarsi nelle viuzze contorte di Birzebbuga nel profondo sud dell'isola di Malta. Seicento chilometri dal villaggio dei pescatori dell'arenile che fu dei cagliaritani, prima che il degrado e l'abbandono lo cancellassero dalle mete preferite. Le due distese sabbiose non si traguardano anche se si affacciano sullo stesso mare, il Mediterraneo. La prima, quella maltese, è palesemente spiaggia artificiale, promossa come meta turistica e paradisiaca, la seconda, quella cagliaritana, vive di ricordi e di fasti solo passati. Tutte e due incrociano all'orizzonte giganteschi fenicotteri d'acciaio, senza eleganza e protesi sul mare in attesa di container da caricare e scaricare. La differenza tra l'una e l'altra non è solo quel ripascimento selvaggio che ha riempito di sabbia sia rocce che anfratti. A Pretty Bay brulicano ombrelloni e navi. A Giorgino quattro bagnanti e da un anno nessuna portacontainer degna di nota. Tutte e due circondate dal mare, isola Malta, isola Sardegna. Uno sputo in mezzo al mare la prima, appena 316 chilometri quadrati, poco più del doppio dell'isola di S.Antioco, ottanta volte più grande la seconda, 24.090 chilometri quadrati, nel cuore del Mediterraneo.

Da Giorgino a Pretty Bay

Sia Giorgino che Pretty Bay si affacciano sui rispettivi porti terminal container. La missione doveva essere la stessa, porti strategici, dei veri e propri hub in grado di intercettare le grandi vie commerciali tra Oriente e Occidente. Il mercato, del resto, oggi più che mai, ha bisogno di vere e proprie piattaforme in mezzo al mare per depositare e ridistribuire merci e container. Le immense navi che partono dai poli opposti dell'universo devono trovare spazi, porti e mezzi nei luoghi più baricentrici rispetto ai mercati di smistamento. Navi ciclopiche che per dimensioni, logistica e valutazioni economiche, scaricano negli hub più importanti rispetto alle rotte principali. E, poi, navi più piccole che distribuiscono nei porti nazionali e regionali. Il transhipment è distribuzione, capacità di gestire i giganti del mare e rendere razionale il dislocamento delle produzioni. Per raggiungere il piazzale del porto franco di Marsaxlokk, a sud di Malta e gestito dalla Malta Freeport Corporation, non percorri strade ma selciati. Rattoppi di cemento malriposto ti accompagnano in un lembo di costa strappato ad altra sabbia artificiale. Qui, lo Stato indipendente di Malta, 514 mila abitanti, un terzo della Sardegna, accatastati in case di pietra gialla, maltese e calcarea, ha eretto un modesto muro di cinta, quasi un campo rom. Sull'unico pianoro davanti al Porto hanno elevato il Freeport center, tratti architettonici da mercato del pesce, bianco ghiaccio, strisce azzurre e torre di controllo a vista. Non badano ai dettagli. Dentro quella striscia di zona franca doganale le navi arrivano non solo per gli sgravi fiscali ma soprattutto per organizzazione e servizi. Gru ciclopiche, 20 per adesso, sistemate come una catena di montaggio. Nessuno deve attendere in porto o in rada. Velocità ed efficienza, posizione baricentrica nel Mediterraneo, poco importa se siamo in uno scoglio in mezzo al mare. Malta Freeport è stato il primo hub di trasbordo nel Mare Nostrum ed oggi è il dodicesimo porto europeo, il terzo più grande centro di trasbordo e di logistica nella regione mediterranea.

I giganti del mare

Le compagnie di navigazione non solo lo hanno scelto come hub portuale ma hanno deciso di investire direttamente nella sua gestione. Non società fantasma e ignote, non avventurieri in cerca di emozioni, ma i colossi mondiali, quelli che movimentano davvero le merci e i container. A Malta sono scesi in forze, da Terminal Link, il principale operatore di terminal per container, Yildirim Group, uno dei principali gruppi industriali globali in Turchia, CMA CGM, la terza compagnia di navigazione al mondo e, infine, la China Merchants Port Holdings Company Limited, il più grande operatore di terminal in Cina. Non società con uffici virtuali, senza sedie e scrivanie, ma con traffici di merci e non di società cinematografiche.

Il confronto

I dati sono eloquenti: Malta nel 2019 ha movimentato 2 milioni e 700 mila container, mentre Cagliari 35 mila. Lo Stato maltese nel 2020 viaggia verso i tre milioni e mezzo di scatole d'acciaio, il porto cagliaritano si fermerà a zero. Tutte e due sulla rotta principale del Mediterraneo, con Cagliari decisamente più baricentrico rispetto ai mercati europei, quelli più importanti. Da Suez, dove passa tutto il traffico asiatico, a Gibilterra, attraversato da quello Atlantico, Nord e Sud America e Africa Occidentale, si gioca la partita decisiva. Il porto terminal di Malta sta giocando e vincendo, quello di Cagliari è fermo in panchina e sta maledettamente perdendo. Eppure tutte e due avevano le stesse opportunità, la stessa strategia: lo smistamento dei container da navi più grandi a navi più piccole per connettersi con il resto dei porti commerciali non attrezzati. Marsaxlokk in questa fase ha molte più gru adeguate alle nuove navi giganti, ha spazi leggermente superiori, il Porto Canale di Cagliari ha, però, un potenziale molto più ampio sia per l'approdo, lo sbarco e la movimentazione dei container. Tutto perso? Nemmeno per sogno. I dati del traffico container nel Mediterraneo indicano scenari futuri in continua crescita. E il porto terminal di Giorgino può giocare ancora la sua partita, a patto che la si voglia giocare per davvero.

Piccolo cabotaggio

La proposta in campo, per ombre e misteri, per silenzi e omissioni, rischia di favorire il piccolo cabotaggio, interessi marginali e secondari, accantonando per sempre la funzione strategica di hub mediterraneo. Quando Hapag Lloyd, il cliente principale del consorzio di compagnie che si chiamava G6, ha escluso Cagliari dai collegamenti con il Far East, la rotta che gestiva piu dei due terzi del traffico totale, lo ha fatto perchè le gru del porto canale non erano più in grado di servire le navi sempre più grandi. Nei report riservati il giudizio sul porto di Cagliari era senza appello: inadeguatezza e obsolescenza delle sovrastrutture. Un fatto strutturale ma soprattutto strategico che pregiudica il futuro commerciale, anche perché i fornitori di queste tipologie di gru hanno tempi di consegna di circa 18 mesi. Si sono persi anni, e se ne continuano a perdere. Non tutto, però, è irrecuperabile. Il trend di crescita del segmento delle navi da oltre 20.000 container è in continua crescista, dinosauri da 400 metri di lunghezza, 60 di larghezza alti come un palazzo di 12 piani. Tutti gli operatori che vogliono competere sulla rotta Far East- Europa - USA sono obbligati a sostituire tutte le loro navi e non possono perdere tempo.

Ultima chance

Questi giganti del mare faticano a trovare banchine in grado di accoglierli nei porti "regionali" e, quindi, occorre attrezzarsi rapidamente per raccogliere la nuova sfida e recuperare errori e tempo perso. L'insularità della Sardegna e il suo limitato mercato interno non sono più giustificazioni che reggono. I risultati di Malta Freeport, con 20 gru super post panamax in grado di servire navi da 18.000 contenitori, collegato con 130 porti in tutto il mondo e 62 nel Mediterraneo, smentiscono ogni iettatore seriale. C'è solo da domandarsi: perché a Malta sì e in Sardegna no? Nell'isola maltese hanno scelto di dialogare con i giganti del trasporto marittimo mondiale, in Sardegna, per adesso, solo con uffici virtuali, zone franche inesistenti e con gru da rottamare. Aspettando i contanti nascosti nella city londinese.

Mauro Pili
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