È scattata all’alba a Cagliari l’operazione “Piazza Castelli” della polizia di Stato coordinata dalla Dda che ha portato all’arresto di tre persone fra le quali i due presunti capi di altrettante associazioni a delinquere dedite al traffico di droga che rifornivano il capoluogo sardo di cocaina, hashish e marijuana. Gli indagati sono in totale 28. Sono in corso decine di perquisizioni in tutta la città.

Marco Pisano, 41 anni, è ritenuto il capo della gang che gang che operava a San Michele: è finito in carcere. Ai domiciliari invece Samuel Gatti, 34 anni, e Fabrizio Manca, 38 anni, secondo gli investigatori ai vertici del gruppo criminale che operava a Is Mirrionis.

Nel corso dell’intera indagine cominciata nel 2019 sono finite in manette 17 persone, sotto sequestro 10 chili di stupefacenti e oltre 50mila euro.

Le due organizzazioni avevano trasformato due palazzi e una pizzeria in supermercati della droga. 

E durante il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, per non interrompere lo spaccio ed evitare il contagio, veniva utilizzato un camper mobile.

La Squadra Mobile della Questura di Cagliari, Sezione Criminalità Diffusa, ha smantellato le due presunte organizzazioni criminali che operavano nei quartieri Is Mirrionis e San Michele e gestivano lo spaccio al minuto in città.

Nell’operazione di oggi sono impegnati 150 agenti della Polizia di Stato di Cagliari, del Reparto Prevenzione Crimine Sardegna di Abbasanta, il Nucleo Cinofili di Abbasanta e un velivolo del Reparto Volo di Abbasanta.

I gruppi di presunti trafficanti avevano come base alcuni palazzi di edilizia popolare di via Castelli, composto da 16 indagati, e San Michele, composto da 6 indagati. La droga, in base alla qualità, veniva denominata kinder, carrera, goldon, messi o nike.

L’ORGANIGRAMMA

La Polizia è riuscita ha ricostruire l’organigramma del gruppo di Is Mirrionis partendo dalle modalità di spaccio che avvenivano seguendo tecniche standard: impiego di vedette messe all’ingresso dei condomini con il compito di filtrare i clienti e osservare i dintorni; utilizzo di pusher nell’androne condominiale dove avveniva materialmente la vendita delle dosi; reclutamento dei custodi incaricati di nascondere il grosso della droga e di persone che dovevano suddividerla e confezionarla in dosi sottovuoto.

I due presunti capi di questa associazione, arrestati oggi e messi ai domiciliari, avrebbero anche organizzato e coordinato tutte le attività illecite e reperito sul mercato le ingenti quantità di droga da smerciare. Inoltre, si sarebbero occupati di mettere a disposizione dei loro sottoposti i difensori in caso di “problemi legali”, specie dopo gli arresti in flagranza, e di stipendiare i pusher per il loro lavoro quotidiano.

LA VENDITA DI DROGA

Le attività di vendita delle dosi iniziavano nel pomeriggio, puntualmente alle 13, e andavano avanti ininterrottamente fino alle 23.30. In una giornata di “lavoro” entravano negli androni non meno di 250 persone, soprattutto giovani, per acquistare le dosi. Il prezzo di ognuna era di 5 euro per hashish e marijuana e di 30 euro per la cocaina.

I pusher venivano pagati 120 euro al giorno e non potevano allontanarsi dal loro posto nemmeno per cenare. Non erano ammesse pause e l’organizzazione, quindi, si occupava di far consegnare la pizza.

I due presunti capi del gruppo di via Castelli avrebbero mantenuto l’assoluto controllo dei sodali e delle attività rimanendo costantemente sulla piazza, anche per risolvere eventuali problemi che potevano nascere: ad esempio litigi durante le cessioni di droga oppure con i pusher, che avrebbero rallentato il ritmo delle vendite.

In alcune giornate i clienti erano talmente tanti che i due presunti capi intercettati si preoccupavano per l’«assalto che c’era stato» e per la droga che era tutta finita e che andava di nuovo procurata in grosse quantità. Oltre ad assegnare gli incarichi, i due avrebbero anche punito con il “licenziamento” gli spacciatori che rubavano le dosi per rivendersele in proprio o si impossessavano di parte degli incassi. Analoghe “punizioni” arrivavano se le vedette si distraevano o se, durante il “servizio”, consumavano droga. Questi comportamenti avrebbero potuto mettere a rischio l’intera attività, specie quando passavano le pattuglie delle forze di polizia per i normali controlli.

I RIFORNIMENTI

L’organizzazione di via Castelli si sarebbe rifornita di una parte della droga ricorrendo al sodalizio criminale del quartiere San Michele, che avrebbe fatto capo all’altra persona finita oggi in carcere su ordine del G.I.P.

Questa associazione aveva la sua base nell’abitazione dell’arrestato e in una strada del quartiere San Michele. La via veniva indicata convenzionalmente come “cantiere” oppure “caddozzo”.

Qui c’era la centrale per la vendita all’ingrosso, mentre in una pizzeria del quartiere, sempre di proprietà dell’arrestato, veniva effettuata la vendita al dettaglio delle dosi. Le dosi venivano consegnate dai pusher dell’organizzazione anche a domicilio, con auto e scooter o a piedi all’interno di borsoni. Anche l’arrestato si sarebbe occupato di vendere le dosi al dettaglio, oltre che di contrattare per la vendita di ingenti quantità all’ingrosso e di occuparsi occasionalmente del “taglio” della cocaina.

I panetti di droga venivano nascosti in un autolavaggio, in una palestra e in una sauna di proprietà della famiglia dell’arrestato. Il presunto capo del gruppo di San Michele avrebbe organizzato tutta l’attività della filiera: dal reperimento di cocaina, hashish e marijuana, al taglio e confezionamento, dalla vendita all’ingrosso e al dettaglio al reclutamento e consegna ai pusher.

IL CAMPER-DROGA

L’attività di spaccio non si era interrotta nemmeno durate il lockdown dovuto alla pandemia per Covid-19. Infatti, dopo l’entrata in vigore del decreto “Io resto a casa”, nel marzo 2020, lo spaccio si era spostato dalla pizzeria, chiusa proprio per il decreto, a un camper, che l’uomo aveva acquistato per non interrompere la vendita e per preservare la sua famiglia da eventuali contagi dal virus.

(Unioneonline/s.s.)

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