La coincidenza del giorno festivo, senza la chiusura delle scuole, dà forse meno solennità alla ricorrenza. Sì, perché non sarà il 25 aprile, Sa Die de Sa Sardigna, ma è pur sempre - il 28 aprile - una data importante della nostra storia, dal 1993 anche in virtù di una legge regionale.

Nella sovracopertina, nobilitata dal genio di Antonio Marras, Giuseppi Dei Nur e Ivan Paone circostanziano i fatti e rilanciano il nostro orgoglio. Quel giorno, il 28 aprile 1794, i nostri antenati individuavano su foresu, s'istranzu, con un impronunciabile «nara cixiri», più o meno «dimmi ceci». Impossibile raggirare quella parola d'ordine: tanti piemontesi vennero messi alla porta anche così.

Dopo 225 anni, con il Partito sardo d'azione e la Lega alla presidenza rispettivamente della Giunta e del Consiglio regionale, i vecchi Stamenti, oggi l'Assemblea del popolo sardo, si ritroveranno prima in Cattedrale e poi nell'Aula di via Roma, proprio davanti a quel porto che vide ripartire (giusto una parentesi) l'invasore.

C'è da celebrare degnamente Sa Die. Ma anche - è la speranza diffusa - c'è da aggredire i problemi dei sardi. Il presidente eletto a furor di popolo il 24 febbraio, Christian Solinas, l'ha detto in modo chiaro rispondendo, su Videolina, alle domande di Simona De Francisci. La Giunta c'è e lavora. Ai sardi poco importa - ha sostenuto - se gli assessori siano cinque o dodici. Sono stati anche risparmiati - ha lasciato intendere - stipendi e quindi denari pubblici. Qualunque cosa oggi succeda in Consiglio, e al di là degli interim che il presidente voglia (o sia costretto a) mantenere, la Sardegna aspetta risposte.

Anche su quella vergognosa legge elettorale che ha portato alla proclamazione degli eletti un mese dopo il voto. Una legge-bidone che oggi vede a rischio ricorso una ventina di onorevoli. C'è tempo, direte. Si disse anche cinque anni fa dopo la vittoria di Pigliaru. E sappiamo com'è finita. Si parla tanto, per fortuna (senza entrare nel merito dei programmi o dei risultati raggiunti) di trasporti e di sanità.

Silenzio su altri temi. Come l'energia. Nel 2025 in Sardegna non si potrà più produrre corrente bruciando carbone. Certi che la Regione non stia pensando a una fornitura casa per casa di candele, sarebbe interessante conoscere subito le intenzioni dell'esecutivo e della maggioranza che lo sostiene. Ricordando che in campagna elettorale Salvini ha detto e ripetuto: "I sardi devono avere il metano, a costo di portarlo con le mongolfiere".

Senza speculare sulle battute, la posizione della Lega è ancora questa? E c'è stata una mediazione con i sardisti? Già, perché Solinas ha più volte manifestato perplessità sulla dorsale, il tubone che dovrebbe distribuire il gas naturale nelle città, nei paesi e nelle aree industriali. Il 2025, intanto, è lì che incombe. Abbiamo sentito parlare di burocrazia, in questi giorni, tra Villa Devoto e via Roma? O nelle segreterie dei partiti, impegnatissimi a trovare la donna o l'uomo giusto al posto giusto? Di sicuro non passa giorno senza che le imprese denuncino la farraginosità del sistema.

L'elenco delle emergenze è lungo, come sa bene chi legge. In lista d'attesa c'è anche la nostra Cultura, visto che oggi festeggiamo Sa Die. Pensiamoci: quanti sardi, oggi, supererebbero lo scoglio di "nara cixiri", evitando una cacciata a son'e corru ?

Emanuele Dessì
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