Daniela Valdes, 55 anni, viveva a Flumini di Quartu: è entrata al pronto soccorso del Policlinico poco dopo le otto del mattino di sabato scorso. Nel cuore della notte successiva, intorno alle 2, è morta. “E per tutto quel tempo non abbiamo avuto suo notizie. Quando le ho chieste, per telefono, la prima volta mi hanno detto di non chiamare, perché  ci avrebbero aggiornato loro. Ho atteso molte ore, ci ho riprovato: chi ha risposto mi ha chiuso il telefono in faccia”.

Anna è la sorella di Daniela. Lavora in una casa protetta per anziani. Conosce lo stress al quale possono essere sottoposti in questo periodo gli operatori sanitari. E sa che l’accesso in reparto è vietato dal Covid.

Ma il trattamento ricevuto “è inumano”, dice oggi. Ed è per questo che vuole rendere pubblica la sua denuncia: “Per capire cosa sia successo, tra pronto soccorso e reparto, chiederemo la cartella clinica. Mia sorella soffriva di una grave patologia, ma vogliamo comunque conoscere le cause del decesso. Il problema ora, però”, sottolinea, “è il trattamento che noi parenti abbiamo ricevuto. Chi lavora in ospedale è sotto pressione, lo sappiamo. Ma questi comportamenti non possono essere giustificati”.

Quando Daniela è stata portata all’interno del pronto soccorso un’infermiera ha fornito ai familiari un numero da contattare: “Abbiamo chiamato. Ci hanno assicurato che ci avrebbero tenuti informati”. Invece, col passare delle ore, niente. “Ho atteso a lungo”, aggiunge Valdes, “e ci ho riprovato. Quando ho detto chi fossi, hanno interrotto la comunicazione”.

Inutile anche il ricorso al 112: “I carabinieri ci hanno detto che loro non potevano farci niente. E ci hanno dato un numero da contattare: era quello che avevamo già. Io la chiamata per le informazioni la sto ancora aspettando. Intanto è arrivata quella che mi comunicava che mia sorella era morta”.

Il direttore sanitario dell’Aou, Ferdinando Coghe, informato sulla vicenda tiene “a chiedere scusa ai familiari. Anche condizioni di lavoro difficili come quelle che stanno vivendo gli operatori non giustificano comportamenti del genere”. L’umanizzazione delle cure, aggiunge, “deve essere un obiettivo. Ciò che è successo è stato di sicuro non voluto,  ma dobbiamo migliorare, sia nell’assistenza ai pazienti che nella gestione del rapporto con i familiari che stanno fuori. Non deve più succedere”, conclude Coghe.

In serata l’azienda sanitaria ha fatto sapere che un’altra sorella di Daniela Valdes, sabato nel tardo pomeriggio, è riuscita a vedere la paziente per un breve periodo: dopo lunga attesa al pronto soccorso, da dove non sono arrivate risposte, era stata ricoverata in reparto. I familiari confermano: è stato possibile, dicono, dopo che la parente aveva chiesto notizie sulla sorella agli uscieri, che hanno dato una mano. L’aggiornamento dall’area di emergenza urgenza, intanto, non è mai arrivata.

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