«Sopravvivere alla morte di un figlio è innaturale. Chi dice che il dolore passa o diminuisce è un bugiardo, si rinnova ogni giorno, anzi, acuisce».

La mente di Alberto Deiana torna indietro di diciannove anni esatti. A quel 29 febbraio del 2004, quando la vita di sua figlia Elisa s’interrompe al rientro da una festa trascorsa con amici. È domenica notte, piove. La macchina sbanda sull’asfalto viscido di via Torricelli. Un testa coda, l’impatto sul palo della luce, il portellone si apre e il corpo della sua bambina vola fuori dalla vettura.

Sono le sette quando insieme a sua moglie Paola si accorge di quel letto vuoto. Nessuna chiamata che li informi dell’accaduto. Si precipitano al Brotzu, Elisa è sotto i ferri. Non bastano le preghiere e i due interventi ai quali viene sottoposta: al quinto piano dell’ospedale di via Peretti non avviene il miracolo sperato. Elisa, che sognava di diventare notaio, muore cinque giorni dopo, prima di aver dato l’esame di diritto privato che aveva già pronto.

Quella domenica senza fine c’è qualcun altro che prega e invoca una nuova possibilità. Non hanno bisogno di pensarci papà Alberto e mamma Paola, danno il consenso all’espianto degli organi. Cuore, reni, fegato.

«Sapere che la morte di Elisa non è stata totalmente inutile perché ha salvato altre quattro persone è la vita che va oltre la vita». Lo aveva deciso Elisa, poco meno di una settimana prima, quando durante il tragitto da casa all’università alla radio parlarono della tragedia del Cessna.

«Si arrivò a parlare delle donazioni e si domandò come mai la gente fosse indifferente», ricorda Alberto. Puoi salvare altre vite, mi disse. La interruppi, mi resi conto che era assurdo, mi stava lasciando un testamento», osserva Alberto. Il primo agosto 2004 i suoi genitori hanno trasformato in realtà uno di quei sogni che Elisa non ha fatto in tempo a realizzare.

«Io ho tutto, però desidero avere una casa dove ospitare della gente che non ha casa, perché credo che sto facendo poco per loro. Io, non è che voglio una gran piscina, ma vorrei aiutare sempre le persone», disse a maggio del 1992. Il primo agosto 2004, giorno del suo ventunesimo compleanno, papà Alberto e mamma Paola, fondano giuridicamente l’associazione Elisa Deiana.

Il 16 giugno 2018 inaugurano Casa di Elisa, a Soleminis, una casa di accoglienza, che dalla sua apertura ha ospitato gratuitamente  oltre quattromila trapiantati e familiari accompagnatori. L’ultima grande opera di una ragazza che sognava di diventare notaio e pensava sempre agli altri.

© Riproduzione riservata