"L'ipotesi che qualcuno in Bangladesh abbia venduto falsi certificati di negatività al Covid-19 può essere vera". Salvatore Floris è il console del Paese asiatico a Cagliari. Medico, 71 anni, parla del terremoto sanitario che ha prodotto il blocco dei voli tra la capitale (Dacca) e l'Italia: "Per quanto ho sentito, posso anche credere che sia stata commessa qualche irregolarità. Lì la dimensione della politica, degli uffici, dell'anagrafe, è completamente diversa dalla nostra. Non c'è una organizzazione capillare che controlli in maniera approfondita lo stato di salute dei cittadini, come invece avviene in Italia".

Il problema ha toccato direttamente l'Italia con l'impennata dei positivi al coronavirus tra i passeggeri provenienti dal Paese sud asiatico.

Il governo ha deciso di bloccare le frontiere e oggi sono stati respinti 152 bengalesi arrivati a Roma e Milano a bordo di voli partiti dal Qatar. La situazione rischia di ripetersi anche in altre nazioni e il perché è semplice: il Bangladesh confina con l'India, terza al mondo per contagi. A giugno mentre in Cina prendeva corpo la paura per nuove ondate di Covid sono stati individuati 17 positivi su un volo tra Dacca e Guangzhou. Nelle stesse ore un certo numero di bengalesi volato in Giappone e in Corea del Sud forti di un certificato di negatività si sono rivelati positivi al tampone dalle autorità locali.

Incidenti che hanno rischiato riverberi diplomatici, tanto che il governo di Dacca ha cercato di limitare i danni affidando il compito di affrontare la stampa ad Abdul Momen, ministro degli Esteri, che ha dichiarato: "Questi episodi hanno creato un'impressione negativa per l'accoglienza dei cittadini del Bangladesh".

Secondo le informazioni trapelate in questi giorni, lì sarebbero sufficienti dai 3.500 ai 5.000 taka (36-52 euro) per mettere in tasca un certificato falso che dà la possibilità di mettersi in viaggio. "Lo ripeto: è un'ipotesi plausibile", spiega Floris.

I numeri della comunità nell'Isola?

"Quattromilacinquecento persone hanno scelto di vivere in Sardegna, duemilacinquecento risiedono nella provincia di Cagliari. I bengalesi sono più numerosi durante l'estate perché sbarcano conoscenti e parenti attirati dalla possibilità di lavorare nel turismo".

Ha ricevuto qualche segnalazione per certificati medici sospetti? "No, mai".

Perché scappano dal Bangladesh? "Ci sono centosessanta milioni di abitanti spalmati su un territorio vasto la metà dell'Italia. Un terzo della popolazione è benestante, un terzo è rappresentato dal settore impiegatizio che lavora nell'apparato pubblico e vive senza problemi economici. Poi c'è l'ultima fetta che non ha nulla e insegue il sogno di un futuro migliore".

La sanità bengalese?

"La fascia più povera non è in grado di accedere alle cure. È quella che scappa, a questa categoria appartiene la stragrande maggioranza di chi arriva in Italia. Appena mettono piede nel nostro Paese la loro situazione migliora da tutti i punti di vista. La loro è una fuga per la sopravvivenza che altrimenti sarebbe tutt'altro che scontata".

Si interromperà la migrazione verso la Sardegna?

"Da quello che ho saputo a marzo un certo numero di bengalesi era scappato dall'Italia per la pandemia. Ora che il problema è grave in alcune zone dell'Asia provano in ogni modo a tornare in Italia. I bengalesi sono grandi lavoratori che nell'isola trovano la misura giusta per dare una svolta alla vita. È un flusso che prosegue inalterato da tanto tempo e credo continuerà in questa direzione".
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