Ccome diceva il biologo Dawkins, un "meme" è una minima unità culturale, una sorta di messaggio, uno stereotipo che, una volta concepito, viene replicato per imitazione e si diffonde a macchia d'olio, come per contagio.

Uno dei più recenti, che continuiamo a sentir ripetere da tutti, specie in campagna elettorale, è Europa matrigna: quasi che tutti i mali del vecchio continente debbano attribuirsi all'Unione europea, responsabile di aver punito i più deboli, affamato i territori, generato sottosviluppo e povertà.

I primi a recitare questo meme sono i politici a tutti i livelli, compresi i parlamentari europei. Il meme, dapprima concepito e propagato dalla Lega e dai Pentastellati, non ha infatti tardato a persuadere anche gli altri i quali, non avendo altri, più convincenti memi, si sono subito adeguati alla vulgata. Oggi, il più morbido con la UE dice che la vuole cambiare, perché così non funziona.

Capire però come cambiarla, almeno per il cittadino, è molto arduo, giacché alla UE si rimprovera di aver fatto troppo spesso gli interessi di alcuni Stati a discapito di altri, di non avere una visione comune e strumenti adeguati a perseguirla, di aver trascurato taluni problemi cruciali, come l'immigrazione, lasciando l'Italia a fronteggiarli da sola. In effetti, essendo la UE un'incompiuta, strattonata com'è dai singoli Stati membri, non poteva dare buona prova di sé.

Ma chi la avversa vuole completarla questa UE? Non sembra.

Anzi: i propugnatori della nuova Europa, più coesa ed efficace, sembrano voler in realtà ripristinare la vecchia, con più poteri agli Stati membri. Quindi una UE ancor più intergovernativa, divisa, inconcludente. E chi si oppone parla di più Europa. Sì, ma quale Europa?

Nessuno si pone invece una domanda semplice, che risulterebbe ben chiara agli elettori: cos'è l'Unione Europea se non un grande condominio di comunità? E perché, nella vita quotidiana, non attribuiamo al condominio le stesse critiche rivolte alla UE?

Forse perché è a tutti chiaro che il condominio non è un nemico in sé, né un feticcio da agitare alle folle. È semplicemente un luogo di convivenza forzata nel quale diventa essenziale più che il perché, il come si convive, stando attenti a quali alleanze si riescono a fare, se si riesce a stare in maggioranza, di quali diritti si dispone. Insomma, è semplice: occorre stare attenti a non farsi fregare.

La UE, all'atto pratico, non è molto diversa. Occorre starci dentro perché la globalizzazione si sta polarizzando attorno a grandi condomini, che sono i vecchi e i nuovi continenti. Infatti, nel 2025, tutta la UE avrà poco più del 5% della popolazione globale, con nazioni estremamente popolose ed emergenti, come Cina e India (ma presto anche Africa), che non fanno sconti a nessuno. Le insidie del mondo globale le conosciamo: flussi migratori, cambiamenti climatici, pandemie, attacchi terroristici, informatici; ma anche dumping economico-sociale, concorrenza sleale eccetera. Sono insidie (lo diciamo ogni giorno alla UE) che non si possono affrontare da soli, in piccole comunità isolate. Occorre fronteggiarle in gruppi forti e coesi, capaci di interloquire con gli altri players globali.

Ma altrettanto importante è (anche nel condominio) come stare nella UE: da chi farsi rappresentare, con chi e perché allearsi, quali decisioni adottare. Alla fine dell'assemblea condominiale sentiamo forse dire a qualcuno: questo condominio non mi piace, voglio deliberare il suo scioglimento o andarmene? Oppure, più banalmente, chi è disattento, assenteista, non collaborativo viene soverchiato?

Allora: ci siamo forse chiesti perché Stati europei come Germania e Francia, mandano a Strasburgo veterani che conoscono perfettamente i luoghi, la lingue, le persone? E perché essi hanno la meglio su chi ha usato il parlamento UE come premio fedeltà per politici a fine carriera? O come palestra per nuovi, bravi ragazzi alle prime armi?

Ci siamo accorti che molti dei nostri parlamentari europei sono stati più attenti a curare il proprio collegio che ad elaborare politiche europee utili al nostro Paese? Che altri Paesi stanno ben attenti a nominare propri connazionali alla Commissione europea o in altre istituzioni che contano mentre noi siamo sempre divisi e restiamo indietro?

La UE non si pesa col bilancino. Non c'è bisogno di più o meno Europa. C'è bisogno di partecipare al processo europeo con un po' più di sale in zucca, più competenze e più esperienza istituzionale. Bisogna aver visto un po' più di mondo, parlare qualche lingua in più ed avere una visione dell'Europa che sappia valorizzare comunità territoriali. Pensiamoci prima delle elezioni: se intendiamo conquistare i palazzi di Bruxelles con gli slogan e col solito esercito di sprovveduti telegenici saremo punto e accapo. Non avremo più Europa. Avremo molti, ma molti più guai.

Aldo Berlinguer

(Professore ordinario Università di Cagliari)
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