«Ho visto Gigi Riva passeggiare in via Paoli». Il mito sta in poche parole. Quelle che i cagliaritani, i sardi, dicevano agli amici dopo l’incontro in quella strada del centro città. Sta nella normalità della camminata di quell’uomo alto, che si riparava dal fresco con un loden, portava occhiali scuri con le lenti sfumate. E teneva una sigaretta tra le labbra.  

L’hanno ribattezzato Rombo di Tuono. Mai nessuno ha segnato quanto lui con la maglia della Nazionale italiana. Ha fatto vincere lo scudetto al Cagliari nel 1970. Ha rifiutato le grandi, così le chiamavano. E ha detto no ai loro soldi. Da allora è passato più di mezzo secolo.

Eppure: «Ho visto Gigi Riva» ce lo si diceva ancora. Lo faceva chi l’aveva visto giocare e buttare giù la porta di sinistro. Ma lo dicevano anche i figli di chi c’era, all’Amsicora. Perché quando erano piccoli, i genitori lo indicavano: «Guarda, c’è Gigi Riva». Per strada, sardo tra i sardi. 

«Ciao Gigi». «Buongiorno Gigi». «Grande Gigi». Tutti lo salutavano, ma proprio tutti. E arrivava una risposta, un cenno. Dipendeva dall’umore. A volte un sorriso. Raro, e sempre di sbieco. Non bisognava disturbarlo oltre. 

Era successo una volta, qualche anno fa, a poca distanza da via Paoli, in via Dante, che un’anziana signora a braccetto con una donna più giovane lo avesse incrociato sul marciapiede. Lo aveva fissato dal basso in alto. Nessun saluto. Poi, fatti alcuni passi, quando non poteva essere più udita, lo sguardo complice all’accompagnatrice: «Ancora bello è, vero?». 

Ecco cosa era Gigi Riva a Cagliari: un eroe che camminava tra la gente. 

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