«Un’incomprensione. Nulla di più». Valentina Savona, dirigente scolastico del liceo scientifico Pacinotti, chiude la polemica scoppiata sabato scorso dopo la comparsa sul sito istituzionale di una scritta che descrive il contesto sociale della scuola. «C’è un provvedimento del ministero che impone agli istituti scolastici», a tutti indistintamente, «di descrivere il contesto sociale e culturale. Questo abbiamo fatto, niente di più». «È così», conferma Massimo Depau, presidente regionale dell’associazione nazionale dei presidi, «il Miur chiede di indicare quel contesto, basato sull’analisi del territorio, e di indicare vincoli e opportunità». «Polemica strumentale, inutile e persino paradossale», sintetizza Marco Pitzalis, docente di Sociologia dell’educazione all’università di Cagliari.

L’incomprensione

Caso chiuso, quindi? Tutto è nato dopo la pubblicazione sul sito istituzionale del Pacinotti di poche righe (poi cancellate dopo che sui social in molti commenti si leggevano accuse di razzismo e classismo alla scuola) che recitavano così: “Il contesto maggioritario di provenienza degli studenti è di tipo medio-alto. Gli studenti stranieri sono una piccola minoranza, appartenenti a poche etnie”. Giusto per avere un’idea, al Pacinotti ce ne sono una quarantina su oltre mille. «Al piano triennale dell’offerta formativa, che recepisce gli elementi del rapporto di autovalutazione e li trasforma in azioni effettive, viene chiesto di descrivere il contesto in funzione dei servizi che vengono offerti», spiega la dirigente. Se è così, perché allora quelle poche righe sono state cancellate? «Perché sono state incomprese. Faccio un esempio: se una persona si presenta a una festa con un abito che viene considerato inappropriato, cosa fa? Lo cambia per evitare che la discussione scivoli sulla polemica. Noi abbiamo fatto la stessa cosa: siccome le persone conoscono i documenti nazionali come quello che impone alle scuole di indicare quel contesto, visto che quelle poche righe hanno generato incomprensioni le abbiamo tolte».

Segregazione scolastica

Marco Pitzalis, sociologo ed esperto di educazione e di comunicazione, spiega che «da 20 anni le scuole sono state messe in competizione ed è stato creato quello che noi chiamiamo il paradigma della scelta. Nella logica neoliberista imposta da chi ha riformato la scuola, le famiglie scelgono in base alle informazioni che ricevono. Esite un format ministeriale, le scuole si adeguano. In questo quadro le famiglie tendono a costruire processi di autoselezione che in sociologia chiamiamo segregazione scolastica, che può essere di classe o di genere», Tradotto, la scelta di una scuola si fa «anche in base alle caratteristiche sociali. In questo quadro, le disuguaglianze nella scuola ci sono e sono il prodotto delle riforme degli ultimi venti anni». Detto questo, la scuola non avrebbe potuto comunicare meglio quel passaggio, evitando che si generassero le polemiche? «Forse sì», risponde Pitzalis, «ma quella comunicazione aveva solo uno scopo informativo. Così come prescrive un format ministeriale».

(ma. mad.)

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