Più che a portata di mano, in mano per essere certi di non perdere neppure un messaggio o una chiamata.

Una panchina in piazza Costituzione non sarà una gondola tra i canali di Venezia, una come quella sulla quale sono stati fotografati i tre turisti giapponesi protagonisti (loro malgrado) di un grande dibattito perché anziché ammirare la bellezza che si apriva loro intorno, tenevano gli occhi fissi sul telefonino. Ecco, piazza Costituzione non sarà Venezia, ma di cose da fare e da vedere in questo pezzetto di città ce ne sono comunque parecchie e tutte sarebbero più facili da realizzare senza avere un telefonino per le mani.

AMANTI DEL RISCHIO - Per esempio, si potrebbero schivare più agevolmente le auto che risalendo via Regina Margherita non si fermano davanti alle strisce pedonali se - anziché scrivere o leggere o ascoltare musica - si guardasse a destra e a sinistra prima di attraversare la strada. Invece no. Tra le 11.30 e le 12 di un sabato mattina, sfidano la sorte ma non rinunciano a restare connessi, nell'ordine: una ragazzina con un top color arancio che scrive un messaggio mentre una Fiat Punto grigia rischia di travolgere lei e l'amica (che pur senza telefono ha lo sguardo perso nel vuoto), un ragazzo con camicia bianca e occhiali da sole tanto preso da una conversazione via chat da sbagliare traiettoria e andare a sbattere sui passanti che procedono in direzione contraria. E poi, una pensionata con polo verde pericolosamente vicina a un palo in prossimità dell'incrocio con via Manno e una coppia di turisti che, pur tenendosi stretti per mano, hanno occhi solo per i loro smartphone e usano le cinque dita libere per digitare e scorrere le informazioni sul display.

La più connessa dei meno connessi, però, è una donna sulla quarantina: maglia e gonna nera, capelli a caschetto, scarpe spuntate e telefono in mano. Nessuna chiamata. Solo messaggi, ininterrottamente per venti minuti. Il tempo necessario per percorrere l'ultimo tratto di via Manno, raggiungere piazza Costituzione, andare dritta in via Garibaldi, dare un'occhiatina distratta alle vetrine e, raggiunto l'incrocio con via San Lucifero, girare i tacchi e tornare indietro, sempre con l'infaticabile pollice sul display.

IN PANCHINA - La faccenda non riguarda solo i pedoni. Al centro della piazza ci sono quattro panchine che vengono occupate, liberate e rioccupate a ritmo serrato. All'ombra del ficus si danno il cambio pensionati, signore sole, gruppi di amici, turisti. Tutti, nessuno escluso, da soli o in compagnia, dedicano almeno qualche minuto al telefonino. Poco prima dell'ora di pranzo una famiglia prende posto a sedere: padre, madre e figlio adolescente che per più di un quarto d'ora osservano la regola del silenzio e dedicano tutta la loro attenzione a quel che offre il telefonino. Mentre il capo famiglia sembra scorrere gli aggiornamenti di un quotidiano web, il resto della compagnia preferisce comunicare sì, ma con qualcuno che è in qualche posto lontano o, comunque, non lì. Subito dopo nella panchina accanto è il turno di due ragazzine che sembrano sorelle: capelli sottili raccolti in una coda alta, t-shirt, calzoncinci e zaino. Una sosta di dieci minuti ma senza una parola. Nessuna eccezione. Occhi e mani sul telefonino. Ma al momento di andar via, pur senza parlare riescono a mettersi d'accordo in qualche modo. Si alzano nello stesso istante e prendono a camminare a passo lento, lo zaino sulle spalle e il telefono ancora tra le mani.

Mariella Careddu

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