I germi che giungono dall'esterno non uccidono, nei reparti di terapia intensiva. L'isolamento, la solitudine, invece sì, dunque è necessaria una rivoluzione: via i divieti di ingresso nei reparti, al diavolo anche le mascherine e i copriscarpe che impressionano i pazienti.

Faccia invece un ingresso trionfale un volto familiare, o quello di un amico, cioè il più potente antistress per una persona ricoverata in terapia intensiva.

Al Brotzu di Cagliari quella rivoluzione è già in corso: non più di due ore al giorno per i visitatori bardati come se stessero intervenendo in un disastro nucleare.

L'ospedale Brotzu
L'ospedale Brotzu
L'ospedale Brotzu

Spazio invece ai sorrisi e agli affetti, perché tutti gli studi confermano che gli agenti patogeni portati dei visitatori non sono nocivi, e anche che il tasso di mortalità dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive diminuisce se non sono stressati dall'isolamento.

Dunque, al Brotzu, rianimazione aperta già ora dalle 13.30 alle 20.30, "ma l'obiettivo", precisa il direttore sanitario dell'ospedale, Vinicio Atzeni, "è di arrivare quanto prima all'apertura 24 ore su 24. Per ottenere questo risultato, abbiamo formato il personale assieme al reparto di rianimazione dell'ospedale San Giovanni Bosco di Torino, che la terapia intensiva l'ha aperta già da anni.

"I familiari dei degenti ora vedono quanto ci dedichiamo ai loro cari - sorride Maria Emilia Marcello, direttrice facente funzioni della terapia intensiva del Brotzu - e ci alleggeriscono di molti compiti, consentendoci così di occuparci di aspetti più importanti".

I reparti di terapia intensiva aperti, insomma, curano tutti: pazienti, familiari e il funzionamento delle rianimazioni.

Luigi Almiento

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