Assalto eolico, il Comitato Insularità: «I sardi salveranno l’Isola, siamo pronti a raccogliere le firme»
Lanciato anche un appello alla Giunta Todde: «Ci sono ancora i tempi per impugnare il decreto Pichetto Fratin, la Regione non sta esercitando i poteri derivanti dallo Statuto»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Prima l’appello alla Giunta: «Il decreto Pichetto Fratin», quello che ha assegnato alla Sardegna 6,2 gigawatt di rinnovabili entro il 2030, «si può ancora impugnare, ci sono sessanta giorni di tempo dal 21 giugno». Poi l’appello ai sardi, «i custodi dei nostri territori, del nostro paesaggio: lottiamo tutti insieme contro il nuovo colonialismo di Roma che vuole trasformare in servitù energetica. A breve cominceremo con la raccolta delle firme». Il doppio messaggio arriva dal Comitato tecnico-scientifico per l’insularità, che ieri mattina si è dato appuntamento in una saletta dell’hotel Regina Margherita a Cagliari per rendere pubblica la strategia anti-speculazione. «Non c’è tempo da perdere», ha detto la presidente Maria Antonietta Mongiu, accompagnata dagli avvocati Bebetto Ballero e Rita Dedola; dagli ingegneri esperti di paesaggio, Giuseppe Biggio e Gian Valerio Sanna; dal geologo Giovanni Barrocu. È intervenuto anche l’ex senatore Gianni Marilotti.
La premessa di tutto è che «la moratoria» del Campo largo «non salva la Sardegna perché sospende le autorizzazioni ma non le blocca e sembra volutamente ambigua sulla realizzazione degli impianti», sottolineano Mongiu e Dedola. In questi mesi di mobilitazione, «il nostro Comitato, che è un organismo di base, democratico e aperto a tutte le azioni positive, ha sempre provato a dialogare con la Giunta», ma non è accaduto il contrario. «Per fermare l’assalto di eolico e fotovoltaico sarebbe bastato che la Regione, come da noi suggerito, inserisse nella moratoria del 2 luglio il comma 3 delle norme transitorie allegate al Ppr», ovvero la legge 8/2024, spiega Sanna. «La disposizione normativa già vent’anni fa ha blindato la Sardegna da pale e pannelli, non si capisce il perché di questo rifiuto».
La Regione sorda alle proposte del Comitato non è l’unico rammarico che arriva dal gruppo tecnico-scientifico. «Siamo stati auditi nella Quarta e Quinta commissione del Consiglio regionale, dove abbiamo presentato un disegno di legge – spiega ancora Dedola -. Ma non abbiamo mai avuto risposta né ci è stata mai contestata la non validità dell’impianto normativo». Il ddl del Comitato estende il Ppr a tutta la Sardegna, in applicazione del Codice Urbani che all’articolo 145 assegna allo Stato e alle Regioni le funzioni di salvaguardia, pianificazione e gestione del territorio.
Nel dibattito di questi mesi sulle misure da adottare per tutelare la Sardegna dall’assalto delle rinnovabili mascherato da transizione energetica, la proposta del Ppr allargato all’entroterra non aveva convinto tutti, per il rischio di un percorso troppo lungo. Invece, «la Regione ha già censito, in passato, grazie alla collaborazione con le Università di Cagliari e Sassari e l’impiego di oltre cento docenti, 258 paesaggi agrari sardi e più di 20mila manufatti archeologici», fa sapere Mongiu. Tant’è: nel ddl del Comitato è previsto che il Piano venga approvato entro sei mesi dal varo della legge.
È chiaro che se la Giunta Todde volesse, ci sarebbero gli strumenti politici e normativi per opporsi alle disposizioni statali e mettere al sicuro la Sardegna. «Il decreto Pichetto Fratin – ha sottolineato Biggio – presenta una serie di incongruenze che da sole basterebbero per impugnare il provvedimento. Ad esempio, da nessuna parte compare il criterio utilizzato per assegnare alle Regioni la potenza installabile. Non è dato sapere se l’attribuzione di tale capacità sia avvenuta sulla base dell’ampiezza territoriale o della popolazione. In realtà è molto probabile che ciò sia stato fatto tenendo conto delle richieste arrivate a Terna». Mongiu l’ha ribadito: «È inaccettabile che su una materia così importante come la salvaguardia del territorio e del paesaggio, lo Stato lasci la gestione in balia del mercato».
Proprio sui poteri che, per contro, avrebbe la politica, ha ripetutamente insistito Ballero. L’avvocato ha suonato la sveglia alla Regione perché «riacquisti le sue potestà, le sue competenze e non tenga più un ruolo ancillare verso lo Stato», ma semmai «tratti in maniera paritaria applicando i poteri derivanti dalle norme statutarie. Sia il decreto Draghi sia quello Pichetto Fratin hanno previsto espressamente che sono fatte salve le competenze delle Regioni speciali. Occorre indiscutibilmente che ci sia una iniziativa politica della Giunta con l’impugnazione di quest’ultimo decreto, per conflitto di attribuzione».
E se durante la conferenza stampa di ieri, Mongiu ha ricordato che «abbiamo bisogno di unità di intenti per evitare un danno irreversibile alla Sardegna», Barrocu ha evidenziato quanto «il territorio della Sardegna sia già straziato». Il professore ha fatto riferimento a due fenomeni: «L’erosione causata dagli impianti già realizzati che, peraltro, hanno scaricato materiale di risulta a valle rendendole sterili terre che prima erano coltivabili». Con lo sguardo sull’off-shore, Barrocu ha ricordato «l’impatto che le barriere a mare potrebbero avere sul moto ondoso», con conseguente «possibile e irreversibile alterazione delle coste».
Sanna ha chiuso gli interventi dal tavolo entrando nei dettagli del comma 3 delle norme transitorie al Ppr. «La validità di quel dettato normativo trovava il suo fondamento in un duplice aspetto. Da un lato venivano bloccati gli impianti eolici che all’entrata in vigore della legge non avevano ancora causato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi; sull’altro versante, per gli interventi autorizzati ma i cui lavori non erano iniziati, il blocco alle opere trovava il suo fondamento nell’assenza di Via, la Valutazione di impatto ambientale». Infine Marilotti ha messo in evidenza il fatto che sulla transizione energetica, con il decreto Draghi prima e il Pichetto Fratin poi, «lo Stato non ha rispettato la Convenzione di Aarhus che ai cittadini assegna il diritto di consultare documenti ambientali in possesso delle autorità».
Sullo sfondo resta la distanza che la Giunta e la maggioranza in Regione hanno marcato rispetto al Comitato tecnico-scientifico per l’insularità: poggia qui l’impegno sulla raccolta delle firme. Al Campo largo verrà poi difficile non assecondare la volontà popolare. Mongiu l’ha detto in apertura di conferenza stampa: «Dagli usi civici alle terre pubbliche, i sardi hanno sempre difeso il paesaggio e sempre si sono impegnati per limitare il consumo del territorio, percepito come un valore identitario. Non possiamo accettare che questa coscienza ambientale venga messa in discussione da decisori politici brevi tempore».