Nascondeva in casa i fucili mitragliatori rubati a Capo Bellavista. Bruno Piras, 31 anni, operaio di Arzana, quando si è visto davanti i carabinieri non ha potuto far nulla per nascondere quelle bocche da fuoco ingombranti. Che hanno fatto scattare nei suoi confronti ipotesi di reato da brivido: ricettazione e detenzione illegale di arma da guerra. Le operazioni di perquisizione domiciliare condotte dai carabinieri della compagnia di Lanusei e della stazione di Arzana sono scattate nella notte fra sabato e domenica e hanno consentito di rinvenire i 2 fucili d’assalto AR 70/90 e 4 caricatori contenenti ciascuno 30 proiettili cal. 5,56 nato. Armi e munizioni frutto del clamoroso assalto messo in atto la sera del 24 settembre 2004, alla base militare di Capo Bellavista ad Arbatax. Piras è finito subito in caserma ed è stato interrogato per tutta la notte dal Procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi che ha coordinato le prime e fondamentali attività d’indagine. Il magistrato ha acquisito anche altre testimonianze che potrebbero riservare interessanti sviluppi investigativi.

LA STORIA I sassarini in missione sicurezza a cena in un ristorante vicino, la sentinella sola in caserma a custodire un arsenale da paura. Il commando che alle 21,35 del 21 settembre 2004 diede l’assalto alla postazione militare di Arbatax forse sapeva che avrebbe potuto mettere le mani su un bottino ambito senza incontrare ostacoli. Tre banditi incappucciati non ebbero difficoltà ad aprirsi un varco nella recinzione del presidio militare puntare le armi in faccia al custode, farsi aprire la rastrelliera e portar via tutto: 12 fucili mitragliatori Ar 70/90, una mitragliatrice, 24 caricatori e due visori notturni. I fuorilegge caricarono il prezioso bottino su una Fiat Uno rossa che era stata rubata tempo prima a Lanusei. L’utilitaria, ovviamente vuota, venne trovata in fiamme a venti chilometri da Arbatax. Nelle stesse ore scomparve misteriosamente un giovane operaio di Tortolì, Marco Ferrai, 27 anni.. I genitori, Nino Ferrai e Mariangela Bangoni, per oltre due mesi lo cercarono senza sosta, con insistenza tale da renderli vittima di una rappresaglia. e denunciarono immediatamente la scomparsa. All’alba del 3 dicembre dello stesso anno i genitori di Ferrai caddero in un’imboscata. I killer li attesero nel loro podere di Basaura, di fronte alla pista dell’aeroporto di Tortolì. Nino Ferrai cadde sotto il fuoco dei sicari, la moglie - gravemente ferita - cessò di vivere qualche ora dopo all’ospedale di Lanusei. Gli inquirenti non hanno mai smesso di sospettare che un filo rosso sangue unisca l’assalto alla postazione militare, la scomparsa di Marco Ferrai e l’omicidio dei suoi genitori.
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