Un milione e 200 mila euro per affrontare in modo strutturato e omogeneo il crescente problema delle demenze in Sardegna. È quanto prevede il nuovo Piano regionale triennale per le demenze e l’Alzheimer, approvato dalla Giunta regionale e illustrato oggi dall’assessore alla Sanità, Armando Bartolazzi.

Il Piano, che copre il triennio 2024-2026, punta su quattro pilastri fondamentali: prevenzione, diagnosi precoce, tempestività nella presa in carico e omogeneità nell’offerta dei servizi sanitari su tutto il territorio.

I fondi provengono dal riparto nazionale dedicato al contrasto delle patologie neurodegenerative e saranno gestiti da Ares Sardegna, che li destinerà alle attività dei Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (Cdcd), attivi nelle Asl, le aziende ospedaliere universitarie di Cagliari e Sassari e l’Arnas Brotzu.

«In Sardegna – ha spiegato Bartolazzi – la prevalenza delle patologie neurodegenerative come l’Alzheimer tocca l’8% della popolazione over 65, con oltre 30mila casi stimati. Vogliamo dare una risposta concreta ai bisogni dell’età adulta, con un’attenzione particolare alle fasi iniziali della malattia».

Il Piano è stato elaborato con il supporto del Tavolo tecnico regionale per il monitoraggio del Fondo Alzheimer ed è frutto di un lavoro condiviso con tutti gli attori del sistema sanitario sardo. Tre le aree di intervento principali: il potenziamento della diagnosi precoce, la tempestività nella diagnosi dei casi più avanzati e una maggiore integrazione tra i servizi territoriali.

«In molti casi – ha osservato l’assessore – i pazienti arrivano ai centri quando la malattia è già in fase avanzata. Questo ritardo diagnostico va contrastato. Pensiamo quindi a un modello integrato che coinvolga le cure primarie e i medici di base, affinché sappiano riconoscere subito i sintomi sentinella e indirizzare i pazienti verso i centri distrettuali per una valutazione specialistica».

Il piano prevede inoltre programmi di formazione mirati per i professionisti sanitari e attività volte a promuovere sani stili di vita, l’inclusione sociale degli anziani e il benessere psicologico, fattori che possono rallentare la progressione della malattia.

(Unioneonline/Fr.Me.)

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