Mohamed Arkab, sulla sponda opposta a Porto Botte, a ridosso di Koudiet Drauche, sulla costa algerina davanti al Sulcis, è molto più di un ministro della Repubblica democratica popolare dell’Algeria. Da che mondo è mondo chi occupa quella poltrona in un paese pieno di petrolio e metano è di fatto Ministro degli esteri, dell’Economia e delle Infrastrutture. Non un posto chiave, ma la chiave di tutto. Del resto oggi il mondo dell’energia, nell’Occidente soprattutto, si divide già in due grandi ere, prima e dopo la guerra tra Russia e Ucraina. Scenari ribaltati senza preavviso, comparse energetiche di punto in bianco trasformate in protagoniste di uno scacchiere geopolitico che ruota in funzione di pozzi petroliferi, metanodotti e materie rare.

Irruzione a Roma

Per questo motivo l’irruzione di Mohamed Arkab al Parco dei Principi a Roma nei giorni scorsi in occasione del Rome-Med, la conferenza mondiale sul Mediterraneo, è molto più che un’improvvisata. Il parterre è di quelli da barili pieni e armi a gogò. Ci sono tutti, dai capi di Stato ai venditori di armi, dai petrolieri incalliti agli osservatori finanziari. Tutti lì a scorgere cosa accade su quella sponda sud dell’Occidente, da tempo in disuso e dimenticata, rievocata solo per immigrazione e conflitti derubricati a regionali. Del resto da quando la Russia ha messo mano alla fantomatica “operazione speciale” per invadere l’Ucraina, l’Europa e l’Italia, da tempo piegate e prone all’energia di Mosca, hanno cercato di correre ai ripari ripiegando sul fronte del Maghreb, la sponda opposta al Sulcis, terra di confine nell’Isola di Sardegna.

Il nuovo corso

La pietosa rincorsa a racimolare qualche barile di petrolio e qualche miliardo di metri cubi di metano nel fronte Mediterraneo, con il mesto tentativo di alleviare la dipendenza dall’impero di Putin, è stata più una messa in scena che una visione strategica del nuovo corso. Niente di lungimirante all’orizzonte, solo un arrabattarsi alla ricerca di soluzioni precipitose e provvisorie. Non perché di strategiche non ce ne siano, ma forse perché molti di quelli che si ritengono i cosiddetti stakeholders dell’energia, hanno qualsiasi interesse tranne quello di far entrare nel mercato altri soggetti, figuriamoci nuove infrastrutture in grado di minare alla radice monopoli e speculazioni. Nessuno in quella platea riservata, nella penombra dell’albergo da sempre destinato ai vertici internazionali, agli incontri da tenere sotto traccia, si aspettava l’arrivo del ministro algerino dell’Energia. Non c’era traccia negli inviti, ancor oggi le stesse comunicazioni ufficiali del Ministero degli Esteri italiano eludono totalmente la sua presenza.

Fulmine algerino

Eppure Mohamed Arkab, in punta di piedi, tratti arabo-occidentali, cravatta Hermes ultimo stock, occhialini di cristallo da università fuori bordo, in quel “panel” del Forum dell’Energia è spuntato come un fulmine a ciel sereno. Un blitz con una missione chiara e ben definita, irrompere nel dibattito internazionale con un progetto destinato a ribaltare la storia energetica del Mediterraneo, riscrivere i rapporti tra l’Algeria, l’Italia e l’Europa. Tutto questo con la Sardegna protagonista, perno non solo fisico ma strategico di quella piattaforma logistico euro-mediterranea che ha nell’Isola la sua centralità tra Gibilterra e Suez. Parla a braccio il Ministro d’Algeri, ma ha la traccia scolpita in un comunicato stampa che viene diramato in contemporanea con il suo intervento nel consesso di Roma. Nello stesso istante in cui prende la parola al Parco dei Principi l’Agenzia dello sviluppo dell’Algeria inchioda nella home page il virgolettato del numero uno dell’energia algerina.

Patto strategico

La premessa non è quella di fare semplicemente una nuova infrastruttura energetica, ma la stipula di un vero e proprio patto “strategico” tra l’Algeria e l’Occidente. Non più un confronto occasionale con il mercanteggiamento di barili e metri cubi, ma un asse in grado di ridisegnare lo scenario dei rapporti nel Mediterraneo. Arkab lo dice per essere compreso: "per l'Algeria la partnership energetica è una scelta strategica, che fa parte di un approccio che ha permesso al nostro Paese di affermarsi come fornitore di energia storica, sicura e affidabile". E’ la premessa per chiudere la stagione dell’usa e getta e posare basi solide per il futuro: «L’Algeria lavora per mantenere questo status nel panorama energetico internazionale».

Pronti 40 miliardi

Dalla premessa strategica al fare in fretta il passo è brevissimo. Non parla di bruscolini Arkab: «Abbiamo un programma di investimenti molto ambizioso nel campo degli idrocarburi stimato in oltre 40 miliardi di dollari». L’obiettivo algerini è scandito da due numeri: «Questo piano di investimenti ci consentirà di mantenere un livello di produzione di 110 miliardi di m3/anno di gas naturale, di cui oltre il 50% destinato all'export». È in questo passaggio, in un platea ammutolita dall’annuncio economico, compreso il numero uno dell’Eni Claudio Descalzi, che il ministro padre-padrone dell’energia del Maghreb annuncia senza mezzi termini, con parole testuali, il rilancio deciso e senza appello del metanodotto per collegare l’Algeria alla Sardegna e all’Europa.

Pronti per il Galsi

Le sue affermazioni sono nette: «Siamo attenti anche alle esigenze dei nostri clienti, e siamo pronti a rilanciare e aggiornare gli studi per il gasdotto GALSI, che collegherà l'Algeria alla Sardegna». Per evitare di non essere compreso Mohamed Arkab apre gli occhi anche a coloro che sino ad oggi nel governo di Roma, almeno sino all’era Draghi, poi si vedrà, li hanno tenuti ben chiusi. L’affermazione è senza preamboli e senza mezze parole: «La costruzione di questo secondo gasdotto consentirà all'Italia di rafforzare il suo ruolo di hub europeo del gas». Come dire, se volete continuare a dormire fate pure, ma sappiate che noi siamo pronti.

Silenzio italiano

La notizia rimbalza come una furia in tutti i media specializzati a livello mondiale, in Italia, invece, sino ad oggi, silenzio assoluto. Di certo il rilancio algerino sul metanodotto di collegamento della sponda sud del Mediterraneo e la Sardegna costituisce un vero e proprio cambio di passo rispetto alla gestione improvvisata del governo Draghi sulla vicenda energetica, non solo italiana ma anche europea. Per assurdo, serve meno tempo, con molta più efficacia, per realizzare il Galsi che “imbrattare” le coste della Sardegna e dell’Italia con rigassificatori impattanti e pericolosi.

Unico autorizzato

Del resto il metanodotto tra l’Algeria, la Sardegna e Piombino è l’unica infrastruttura che ha superato tutte le fasi autorizzative e ha una Valutazione d’Impatto Ambientale sistematicamente rinnovata. Di certo, però, gli algerini, sul progetto Galsi, hanno ripreso a lavorare da mesi. L’intenzione di riprendere in mano quel progetto strategico sia a livello occidentale, trasferendo tra la Sardegna e l’Europa almeno 10/12 miliardi di metri cubi all’anno, si consolida, però, con un progetto ancora più ambizioso che potrebbe vedere la Sardegna protagonista di un piano energico ambientale di straordinaria rilevanza. Il tema è stato oggetto di un incontro riservato proprio tra il Ministro algerino dell'Energia e delle Miniere, Mohamed Arkab, e il Commissario europeo per l'Energia, Kadri Simson. Nel confronto è stato richiesto di riattivare il progetto del gasdotto Galsi Algeria-Italia che passa per l'isola di Sardegna, non solo per trasportare gas ma per essere pronto a trasportare idrogeno verde dal Sahara algerino verso l’Europa. Secondo notizie confermate in nostro possesso il metanodotto Galsi manterrebbe intatta la sua struttura e i percorsi già approvati ma godrebbe di standard di sicurezza mai messi in campo nei metanodotti europei. Si tratterebbe, dunque, della più innovativa e sicura infrastrutture energetica mai realizzata al mondo. Il progetto consentirebbe alla Sardegna di essere la prima regione europea a idrogeno. Una modernissima condotta sotterranea che potrà essere alimentata anche attraverso il vento e il sole di Sardegna, gestiti dai sardi, trasformati nella più ecologiche delle energie del futuro, l’idrogeno. “The New Galsi”.

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