Morire di uranio impoverito, per i militari cade l’onere della prova

18 ottobre 2025 alle 13:22aggiornato il 18 ottobre 2025 alle 14:36

Il 7 ottobre il Consiglio di Stato ha cancellato il ‘’nesso di causalità’’. Ovvero la necessità di dimostrare, con prove concrete, le conseguenze sulla salute dovute all’esposizione all’uranio impoverito o a particelle di metalli pesanti.

Su questo ‘’onere della prova’’ si sono consumati dolori e silenzi. Sono morti per patologie tumorali oltre 400 militari, altri 4mila si sono ammalati.

La sentenza del Consiglio di Stato è chiara: «non è necessario un riscontro effettivo del nesso eziologico: la legge ha considerato il rapporto di causalità come insito nel tipico rischio professionale, sicchè grava sull’Amministrazione l’onere di dare la prova di una specifica genesi extra-lavorativa della patologia».

Una conclusione che si basa sulla relazione finale della commissione parlamentare sull’uranio impoverito. All’interno di quel ‘’libro bianco’’ la descrizione dei casi clinici e le dichiarazioni di alti gradi della Difesa. Una ricostruzione che ha permesso di definire la condizione di rischio in cui i militari hanno operato nei poligoni e nelle missioni all’estero.

Gian Piero Scanu era il presidente della commissione. Ecco il suo intervento a Radar su Videolina