L'auto di Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, e quella di sua figlia sono esplose e sono state completamente avvolte dalle fiamme.

Ne dà notizia lo stesso giornalista sui social. «Un ordigno - si legge nel post - ha distrutto le automobili parcheggiate davanti casa a Campo Ascolano (frazione di Pomezia, ndr), alle porte di Roma. Le deflagrazioni sono state così forti da scuotere l'intero quartiere».

Le auto erano parcheggiate davanti all’abitazione di Ranucci. Una deflagrazione che «poteva uccidere», viene spiegato nel post. L’ordigno, con circa un chilo di esplosivo, era stato posizionato tra la vettura e un cancello. I residui sono stati sequestrati e verranno sottoposti ad accertamenti.

«L'auto è saltata in aria - si legge - danneggiando anche l'altra auto di famiglia e la casa accanto. Sul posto carabinieri, Digos, vigili del fuoco e scientifica. La Procura di competenza si è attivata per le verifiche, avvisato il Prefetto. La potenza dell'esplosione è stata tale per cui avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento».

E Ranucci ha spiegato che poco prima di lì è passata proprio la figlia, salva per una questione di minuti.

«Mia figlia ha posteggiato la sua auto ed è passata da lì venti minuti prima dell'accaduto - fa sapere il conduttore -. Sembra che si tratti di un ordigno rudimentale, ma ora bisogna vedere la natura dell'esplosivo. Con tutte le minacce che riceviamo non è semplice risalire alla matrice».

L’ordigno non è stato azionato a distanza o con un timer, ma è stato lasciato all’esterno della villetta, presumibilmente con la miccia accesa.

Nel video postato dalla trasmissione Report sui social si vede la parte anteriore dell'auto del giornalista completamente distrutta e la vettura accanto, quella della figlia, danneggiata.  Ranucci ha spiegato che la sua auto era stata parcheggiata in quel posto dal figlio ieri all'ora di pranzo.

Il conduttore, che è sotto scorta dal 2014 dopo le minacce di morte da parte della mafia, da tempo denuncia anche «il clima di isolamento e di delegittimazione nei miei confronti», ricordando di aver subito varie minacce negli ultimi tempi, a partire dal ritrovamento di due proiettili P38 fuori casa fino al pedinamento di soggetti identificati dalla sua scorta. 

«Ho ricostruito con i carabinieri quanto è successo ieri», dichiara Ranucci lasciando la sede dell’Arma di via Trionfale. «C'è una lista infinita di minacce, di varia natura, che ho ricevuto e di cui ho sempre informato l'autorità giudiziaria e di cui i ragazzi della mia scorta hanno sempre fatto rapporto. Io comunque mi sento tranquillo nel senso che lo Stato e le istituzioni mi sono sempre state vicine in questi mesi. Quello di stanotte è stato un salto di qualità preoccupante perché proprio davanti casa, dove l'anno scorso erano stati trovati dei proiettili».

Sul caso indagano i pm dell'antimafia di Roma. Al momento il pm della Dda Carlo Villani - coordinato dall'aggiunto Ilaria Calò - procede per danneggiamento con l'aggravante del metodo mafioso in attesa di ricevere le prime informative dalle forze dell'ordine intervenute. I carabinieri stanno acquisendo le immagini delle telecamere ad ampio raggio che potrebbero aver immortalato chi ha piazzato la bomba

Al giornalista sono giunti attestati di solidarietà da tutto il mondo politico, a partire dal Capo dello Stato Sergio Mattarella e dalla premier Giorgia Meloni, che hanno condannato il «vile attentato». Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dato mandato di «rafforzare al massimo ogni misura a protezione» di Ranucci.

«Profonda solidarietà e vicinanza» anche dalla presidente Alessandra Todde. L'attentato di questa notte è un «gesto vile e inaccettabile che colpisce non solo un giornalista coraggioso, ma il diritto di tutti a un’informazione libera e indipendente. È un attentato che riporta l’Italia molti decenni indietro, che attacca l’idea stessa di democrazia. Teniamo alta l’attenzione e la vigilanza democratica».

Nei giorni scorsi il conduttore di Report aveva annunciato sui social i temi della prossima stagione del programma. «Potrebbe non essere una coincidenza il fatto che pochi giorni fa ho annunciato pochi giorni fa i temi delle nuove inchieste», ha detto Ranucci.

«La nostra squadra ha lavorato pancia a terra - aveva spiegato nel video -. Partiremo il 26 ottobre ogni domenica su Rai3 a partire dalle 20.30. Sarà il solito Report, parleremo di come girano le cose nel mondo della cultura, dei finanziamenti, parleremo della scuola, della ricerca, dell'università, parleremo anche di quello che sta accadendo nel mondo dell'eolico e poi torneremo a parlare delle banche - aveva detto -. Le banche sono stati uno dei cavalli di battaglia di Report fino a pochi anni fa. Che cosa è successo? Che cosa è cambiato? Torneremo a parlare soprattutto di sanità, che è una nota dolente del nostro Paese per la mancanza di medici, per la mancanza di infermieri, per la mancanza di prestazioni che una volta erano invece garantire. Vedremo dove finiscono i milioni di euro che provengono dagli Stati Uniti per finanziare un progetto politico, e anche dove finiscono quelli erogati dal Ministero dell'Agricoltura per finanziare le sagre dei funghi porcini - aveva fatto sapere ancora Ranucci -. Vedremo anche come e da chi sono stati usati i soldi di Banca Progetto che secondo i magistrati sono finiti anche nelle mani della 'ndrangheta. Analizzeremo i rapporti tra 'ndrangheta ed estrema destra. Parleremo del ruolo di Matteo Messina Denaro a Verona e della battaglia che si sta consumando alle spalle della Commissione Antimafia. E poi di chi è garante il Garante della privacy?».

«Ranucci non sei solo», è il cartello con cui giornalisti e maestranze del Centro di produzione Rai di Torino sono scesi oggi in strada in assemblea. «Quello che è accaduto a Sigfrido Ranucci - ha affermato Stefano Tallia, giornalista Rai e presidente dell'Ordine dei giornalisti del Piemonte - è molto grave, perché rappresenta un'intimidazione come non si vedeva da anni nel nostro Paese. Chiaro che questo è un attacco a lui, un attacco alla sua squadra, alle inchieste che stanno conducendo, ma è un attacco a tutta la libera informazione. Perché in qualunque parte del mondo, quando si vogliono spegnere i riflettori su quello che accade all'interno della società, si colpiscono i giornalisti, o si cercano di colpire i giornalisti». 

(Unioneonline/L)

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