La madre di Ragnedda: "Mio figlio merita l'inferno"
«Una volta un bambino autistico che è venuto qui mi ha chiesto se questo fosse il paradiso. Io gli ho risposto: “Tu credi sia il paradiso?”. Lui mi ha risposto “sì”. Beh, lui lo ha trasformato in un inferno. Allora si merita l’inferno».
Lui è Emanuele Ragnedda, l’assassino di Cinzia Pinna. Le parole sono di sua madre, Nicolina Giagheddu: le pronuncia davanti al cancello di Conca Entosa, teatro del delitto, dove si è fermata, immobile, a osservare «un pezzo del mio cuore». Quelle terre che gli erano state lasciate dal padre e che lei aveva trasferito al figlio, per avviare la sua impresa vitivinicola: «Ho creduto nel suo progetto di mio figlio e gliel’ho affidata, in questo ho sbagliato. Non mi sento in colpa. Io a mio figlio ho sempre detto “libero arbitrio”, ma non significa che puoi togliere una vita, uccidere una ragazza, un’anima».
Questa donna distrutta dal dolore chiede «perdono alla famiglia di Cinzia Pinna, a loro posso solo chiedere perdono».