Giustizia riparativa, il senso della Costituzione e l’antica ''Paradura''

24 settembre 2024 alle 13:47

Poco più di un anno fa sono entrate in vigore le norme sulla Giustizia Riparativa. Un ‘’pezzo’’ importante della riforma Cartabia, che introduce la considerazione del reato principalmente in termini di danno alle persone.

I programmi di giustizia riparativa decollano alla metà degli anni 90, ma soprattutto in ambito minorile. Oggi per ‘’giustizia riparativa” si intende «qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale».

In Sardegna operano otto Comunità per l’accoglienza rivolta al mondo della detenzione: le cooperative sociali “San Lorenzo” di Iglesias; “Ut Unum Sint” di Nuoro; “Casa Emmaus” di Iglesias; “Differenze” di Sassari; “Il Samaritano” di Arborea; la “Comunità Il Seme” di Santa Giusta; l’associazione di volontariato “Giovani in cammino” di Sorso; l’associazione “Cooperazione e confronto – Comunità la Collina” di Serdiana.

«La giustizia riparativa – chiarisce Antonello Caria presidente della cooperativa sociale Il Samaritano -  fa un percorso. Punta a trasformare il ‘’reo’’ della giustizia retributiva in reo da riabilitare, che sta nella comunità, che cerca la riconciliazione civile. Questo è il senso della Costituzione.» Le comunità che operano in Sardegna accolgono chi è privato della libertà per ricostruirne il capitale fondamentale: il capitale sociale di relazione. «La giustizia riparativa – sottolinea Caria nel suo intervento a ‘’La Strambata’’ su Radiolina - ti chiede di andare dalla vittima del tuo reato, e, se è disponibile, di entrare in relazione. Anche con la sua famiglia e con la sua comunità di riferimento. Questa riconciliazione restituisce al reo il suo ‘’potenziale’’, ecco il dato determinante»

In Sardegna –ricorda Caria - il modello di riconciliazione era ‘’sa paradura’’: chi aveva scontato la sua pena in carcere, veniva accolto dalla comunità e reinserito nel lavoro. Oggi questa importante opportunità si scontra con la scarsità di risorse. Appena 7 milioni di euro a livello nazionale quando alla sola Sardegna ne occorrono 3 per consentire alle comunità di proseguire il loro lavoro. Eppure – osserva Caria -  la giustizia riparativa comporta anche un evidente convenienza economica per l’amministrazione pubblica. E allora perché non favorirla?